Il
talento di Buffalo, classe 1964, esordì precocissimo nel circuito
ATP e nel 1980 vinse il suo primo match, ad appena 15 anni e mezzo,
al torneo di Palm Harbor, sconfiggendo l'australiano Maher. Sempre
nello stesso anno fu il più giovane della storia a superare un
turno agli US Open, contro il sudafricano Sauer, prima di essere
fermato da Roscoe Tanner. Allievo di Nick Bollettieri, aveva il suo
punto di forza nel gioco da fondo campo, dotato di due buoni
fondamentali ed in particolare di un eccellente diritto. Nel 1981
maturò delle buone esperienze, giocando molti match e raccogliendo
alcuni discreti risultati, specie in tornei americani, che gli
permisero di approdare a ridosso dei primi 100 giocatori del mondo.
L'esplosione era vicina: tutti gli addetti ai lavori, all'epoca, lo
indicavano, come “il futuro” del tennis, pronosticandogli un
avvenire ricco di successi e soddisfazioni. Il 1982, insieme alla
maggiore età, gli portò una buona continuità di rendimento che gli
permise di avvicinarsi ai primi 20: dopo un inizio di stagione
stentato, giunsero le finali di Washington e Indianapolis (perse con
Lendl e Higueras) ed infine il suo primo successo ATP, al torneo
outdoor di Tokyo (in finale sul francese Bedel). La sensazione, in
quel momento, era che Arias, a suo agio sulla terra e sulle superfici
rapide, potesse giocarsela praticamente con tutti (anche se poi non
batterà mai i mostri sacri Mac, Lendl e Jimbo). Ed infatti il 1983
fu l'anno della consacrazione: l'inizio fu ancora una volta in
sordina, ma poi il boom in Italia con una grande doppietta, a Firenze
(su Cancellotti) e Roma (su Higueras, nell'edizione più povera della
storia degli Internazionali d'Italia); dopo gli ottavi al Roland
Garros, sconfitto da Vilas, arrivò una eccellente serie di risultati
nei tornei estivi americani, con le finali a Boston e Washington,
sempre sconfitto dal Clerc, le semifinali di North Conway e
soprattutto il successo di Indianapolis (su Gomez). Dopo i quarti di
Cincinnati, sconfitto dal n°1 McEnroe, arrivò addirittura la grande
semifinale degli US Open, dove batté, tra gli altri, Nystrom e Noah,
prima di cedere a Connors. La stagione terminò con un altro trionfo
italiano, a Palermo (su Clerc): a questo punto Jimmy prese una pausa
di qualche mese, anche per via di qualche malanno fisico, ma era il
numero sei del mondo!! Il 1984, oltre a regalargli il suo best
ranking di n°5, confermò in parte le sue qualità, ma iniziò a
mostrare degli scricchiolii: ottenne il bronzo alle Olimpiadi di Los
Angeles e giunse in semifinale a La Quinta, Boca West, Montecarlo,
Dallas WCT e Forest Hills e per ben otto volte nei quarti di finale
(anche al Roland Garros), ma mancò qualche “guizzo” rilevante.
Si pensò ad una sorta di “assestamento”, ma invece era già
arrivato, precocissimo, il momento del declino.
Come spesso accadde
agli allievi di Bollettieri, giunse qualche difficoltà fisica e
apparve palese la difficoltà di trovare delle soluzioni alternative
a quel “bombardamento” da fondo campo. Nel 1985 Arias uscì dai
primi 10 del mondo, per non farvi mai più rientro: giunse tre volte
in finale (Las Vegas, Firenze e Tokyo), ottenendo altri buoni
piazzamenti, ma a fine anno si trovò al n°22, con sconfitte
imbarazzanti come quelle con Saad al Roland Garros o Lapidus a
Wimbledon, ma anche con avversari come Oresar, Gunnarsson, Dickson,
Westphal, Gonzalez, Leach e Sadri. Nel 1986 proseguì la parabola
discendente e per poco Jimmy non uscì dai top 50: le semifinali a
Indianapolis e Washington, salvarono solo in parte una stagione
modesta. Nel 1987 ebbe un ultimo guizzo, ritrovando per breve tempo
il suo miglior tennis: lo ricordiamo a Montecarlo infilare Becker,
Krickstein, Kent Carlsson e Skoff, prima di cedere in finale, non
senza combattere, a Mats Wilander; sembrava rinato, Jimmy, lo
ricordiamo sul centrale monegasco felice come un bambino, per aver
apparentemente ritrovato il suo tennis. Ma le cose andarono
diversamente: la stagione fu appena discreta, rientrò persino fra i
primi 30, ma l'impressione era che il buon Arias fosse ormai quasi un
pensionato, a soli 23 anni! Il 1988, infatti, ci fu il suo crollo: a
parte la finale persa a Charleston con Agassi, giunsero una serie
infinita di sconfitte al primo turno e Jimmy, abbondantemente fuori
dai primi 100, provò a ricostruirsi partendo dai challenger.
Nonostante qualche discreto risultato qua e là (anche due finali,
perse nel 1991 ad Adelaide con Muster e nel 1992 a Charlotte con
Yzaga), qualche occasionale vittoria di spessore (Ivanisevic,
Gilbert, Jaite, Forget, Courier, Hlasek, Chesnokov), alcuni
challenger (ricordiamo qualche successo, ed anche una sua finale a
Indian Wells CH, sconfitto dal nostro Caratti) e un riavvicinamento
ai primi 50 del mondo, la sua carriera proseguì senza ulteriori
scossoni, sino al ritiro avvenuto nel 1994, a 30 anni.
Attualmente
si dedica alla sua famiglia ed alla sua Academy di St.Petersburg,
collaborando saltuariamente con le TV in veste di commentatore
tecnico e partecipando anche a qualche torneo per “vecchie glorie”
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