Dopo
una discreta carriera giovanile, intraprese un ottimo lavoro con il
bravissimo coach Riccardo Piatti, presso il club “Le Pleiadi” di
Torino: nello stesso team ricordiamo anche la presenza di Renzo
Furlan, che poi diventò più forte di Cristiano ed entrò fra i
primi 20 del mondo, e Federico Mordegan, che ottenne invece risultati
di minor rilievo in singolare, ma fu un buon doppista.
Molto più
adatto alle superfici rapide, Caratti iniziò a farsi notare nei
tornei sul cemento dell'estate americana del 1990: vinse il
challenger di Winnetka e giocò piuttosto bene al grosso torneo di
New Haven (batté giocatori del livello di Brad Gilbert e Amos
Mansdorf, prima di cedere nei quarti a Chesnokov) e superò due turni
agli US Open, sconfiggendo anche Derrick Rostagno e cedendo in 5 set
all'ex-top ten americano Jay Berger, in un match trasmesso (con
immagini di qualità non memorabile...) dalla vecchia
Koper-Capodistria; chiuse l'anno vincendo un buon challenger in
Svizzera, a Bossonnens. L'anno dopo ci fu una sorta di piccolo boom,
portando molti a credere di aver finalmente ritrovato un giocatore di
altissimo di livello: agli Australian Open riuscì ad arrivare
addirittura ai quarti di finale (dopo 11 anni dall'ultima presenza
italiana a quel livello, con Corrado Barazzutti al Roland Garros del
1980), sconfiggendo fra gli altri anche un giovane e promettente
Richard Krajicek, prima di perdere un match combattutissimo contro
Patrick McEnroe, che avrebbe potuto riportare un italiano di sesso maschile ad una
semifinale Slam (ancora attendiamo l'evento dal 1978). Quindi giunse
in finale al prestigioso torneo indoor di Milano, dove superò, fra
gli altri, Ivan Lendl (altro torneo trasmesso da Koper) e cedette solo
al mancino russo Alexander Volkov; vinse poi il challenger di Indian
Wells (in finale sull'ex big Jimmy Arias) e arrivò nei quarti a Key
Biscayne, battendo anche Jimmy Connors e Sergi Bruguera e cedendo in
tre set a David Wheaton. Era n°26 del ranking ATP, ma da quel
momento la sua vena sembrò appannarsi: pur rimanendo su discreti
livelli non riuscì più a trovare questa continuità di rendimento.
Si tolse ancora alcune grandi soddisfazioni in quella stagione, dove
sconfisse John McEnroe sull'erba (a Manchester), quindi anche
Svensson, Jaite e Leconte,e partecipò alla Grand Slam Cup di Monaco
di Baviera, ricchissima competizione che si tenne per alcune
stagioni, ospitando i giocatori che nel corso della stagione avevano
ottenuto i migliori risultati nei tornei del Grande Slam (perse con
Lendl).
Ma a partire dall'anno seguente iniziò una lenta discesa che
lo portò fuori dai primi cento del mondo, nonostante l'esordio in
Coppa Davis nell'incontro vinto (grazie ad uno strepitoso Camporese)
con la Spagna a Bolzano nel 1992, dove perse in 5 set da Emilio
Sanchez e superò Bruguera a punteggio acquisito (rimasero queste le
sue uniche presenze nella competizione). Si segnalò in seguito per
qualche finale in tornei challenger (vinse a Wolsfburg e Montebello
nel 1993, Azzorre nel 1997 e Knoxville 2000 in finale su Roddick) e
per qualche sporadico buon risultato e occasionale vittoria su top
players, che gli permisero di tornare per brevi periodi fra i top 100
(Stich a Basilea '94 dove giunse in semifinale, Krickstein e Krajicek
a Kuala Lumpur 1995 dove fece ancora una semifinale, quindi Volkov,
Rosset, Edberg ed un giovane Safin).
Da menzionare due “curiosità”:
nel 1995 a Los Angeles sconfisse Jimmy Connors, nel penultimo incontro
ufficiale nella carriera di Jimbo; batté Goran Ivanisevic sull'erba
del Queen's nel 2001: Goran, in netto declino, era ormai fuori dai
primi 100 del mondo ma due settimane dopo, invitato a Wimbledon con
una wild card, compì la clamorosa impresa di vincere il torneo!!.
Caratti si ritirò nel 2005.
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