Raggiungere
la semifinale di Wimbledon partendo dalle qualificazioni non è
un'impresa facile: nel 1977 ci riuscì un 18enne John McEnroe, nel
quale molti intravvidero le “stimmate” del campione. E non ebbero
torto. Però quando sei un 22enne bielorusso, n°237 del mondo,
assiduo frequentatore dei tornei challenger e fresco vincitore del
torneino di Fergana, in Uzbekistan, la cosa si fa più interessante.
In realtà Voltchkov non era proprio uno sconosciuto e nemmeno uno
che “masticava” poco i prati inglesi: nel 1996, infatti, aveva
vinto il torneo juniores di Wimbledon, superando in finale Ivan
Ljuibicic. Però sembrava essersi perso per strada. Fuori dai primi
300 del mondo, vinse appunto il challenger di Fergana, battendo in
semifinale il nostro Galvani ed in finale il russo Kunytsin e si
presentò, appunto da n°237 ATP, alle qualificazioni di Wimbledon,
superandole. Il tabellone gli propose in sorte prima l'argentino
Chela (che sconfisse in 5 duri set), poi il francese Cedric Pioline,
sesta testa di serie e finalista tre anni prima: dopo aver vinto i
primi due set, subì la parziale rimonta di Pioline, ma finì per
vincere ancora una volta al quinto set. A quel punto la sua marcia si
fece più sicura, nonostante quella inattesa performance l'avesse
costretto a chiedere in prestito dell'attrezzatura tecnica, non
avendo previsto una così lunga permanenza a Londra! Al terzo turno
cadde il marocchino Younes El Aynaoui, in tre set, ed al quarto fu la
volta, sempre in tre set, dell'esperto sudafricano Wayne Ferreira,
uno che sull'erba si trovava molto a suo agio. A questo punto era nei
quarti in finale: la sorte gli riservò il giocatore dello Zimbabwe
Byron Black, grande doppista ed eccellente singolarista che, nel
turno precedente, aveva infranto in quattro set i sogni di gloria del
nostro bravissimo Gianluca Pozzi. In tre set la spuntò ancora una
volta il bielorusso, guadagnandosi, nel pieno dell'onda del successo
di Russell Crowe e del suo “Gladiator”, il soprannome di
“Vladiator”, attribuitogli dalla fantasiosa stampa inglese. Le
semifinali avrebbero opposto il carneade bielorusso al Re di
Wimbledon, Pete Sampras, e gli altri due grandi Andre Agassi e Pat
Rafter.. Pur acciaccato e tormentato da problemi alla gamba sinistra,
Pete non si fece sorprendere né commuovere dalla favola del
bielorusso e vinse in tre set, andando poi a conquistare, in finale
su Rafter, il suo settimo ed ultimo titolo ai Championships. Misero
in risalto i giornali inglesi il fatto che la madre di Vladimir
guadagnava circa 7 sterline all'ora, mentre il figlio ne portò a
casa circa 193mila con quel risultato!
Il resto della carriera non fu
però particolarmente brillante e, dopo aver raggiunto il best
ranking di n°25 (grazie alla semifinale di Brighton ed i quarti di
Mosca e San Pietroburgo nel 2000 e alle semifinali di Doha e
Rotterdam ed i quarti di Milano nel 2001) e scivolò indietro,
soprattutto dopo aver perduto i punti ATP guadagnati con quella
semifinale, quando nel 2001 uscì al primo turno contro Youzhny.
Inanellò tante sconfitte nei primi turni, uscendo rapidamente dai
primi 100 del mondo e riprendendo a giocare i challenger: nel 2002
disputò e perse (con Kafelnikov) la sua unica finale ATP a Tashkent.
Chiuse la carriera nel 2008, anche in seguito ad alcuni problemi
fisici, dopo aver vinto una dozzina fra challenger e futures e
guadagnato quasi un milione e mezzo di dollari di soli premi. Infine
ricordiamo come fu ottimo protagonista del team bielorusso di Coppa
Davis col quale, insieme al connazionale Max Mirnyi (all'epoca anche
ottimo singolarista) ottenne una prestigiosa semifinale nel 2004,
sconfitto dagli USA, dopo aver eliminato Russia ed Argentina ed anche
i quarti nel 2005 superando a Minsk la Spagna di Ferrer e Robredo.
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