La
Wightman Cup era una competizione a squadre femminile fra il team
degli Stati Uniti e quello della Gran Bretagna, disputatasi dal 1923
sino al 1989. Il suo nome deriva dalla giocatrice americana Hazel
Hotchkiss Wightman (scomparsa nel 1974 e vincitrice di 17 titoli
totali dello Slam, fra i quali 4 edizioni di singolare degli US
Championships), che voleva aumentare l'interesse attorno al tennis
femminile, creando una competizione a squadre simile alla Coppa
Davis. Dopo un tentativo di coinvolgere altre squadre, in primis la
Francia della Divina Suzanne Lenglen, si decise di optare per una
sfida “classica” tra la Gran Bretagna ed appunto gli Stati Uniti.
Ogni incontro era disputato con la formula dei sette match: cinque di
singolare e due di doppio. La stessa Hazel Hotchkiss Wightman donò
la coppa, in onore del marito, e giocò diverse edizione per il team
del suo Paese (per diverse edizioni fu il capitano). Gli incontri
venivano giocati alternativamente negli Stati Uniti od in Gran
Bretagna, scegliendo spesso delle sedi di grande prestigio, quali
Forest Hills e Wimbledon, e modificando con il passare del tempo le
superfici, passando dall'erba alla terra, sino alle superfici
sintetiche. Nel 1990 fu annunciata la fine di questa competizione,
diventata via via poco interessante e con scarso seguito di pubblico,
anche per la netta e ormai consolidata superiorità delle tenniste
statunitensi su quelle britanniche, come dimostra anche il saldo dei
61 incontri disputati che vede la netta prevalenza delle americane
per 51 vittorie contro 10. L'ultima vittoria britannica avvenne alla
Royal Albert Hall di Londra nel 1978, dove, nonostante un'ingiocabile
Chris Evert, si giunse al doppio decisivo sul punteggio di 3-3 e Sue
Barker e Virginia Wade sconfissero sul filo di lana la Evert e Pam
Shriver. Da allora solo successi stelle e strisce.
(nella
foto il team USA del 1938, ancora quello USA del 1967 – notare la
signora in mezzo, proprio Hazel Hotchkiss Wightman, il team
britannico vincitore nel 1978 e la squadra USA del 1981).
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