A
volte si abusa del termine “unico” o “straordinario”, ma
questi aggettivi sono più che mai adatti quando si parla di Jaroslav
Drobny. Nato a Praga nel 1921, era figlio del custode di un club di
tennis, sport che iniziò a praticare, ma, poiché d'inverno i campi
venivano allagati per ricavarne delle piste ghiacciate, si dedicò
anche all'hockey su ghiaccio. E fu proprio in questa disciplina che
ottenne i primi risultato di rilievo, conquistando prima la medaglia
d'oro ai Campionati del Mondo di Praga del 1947 e poi quella
d'argento alle Olimpiadi invernali di Saint Moritz del 1948, giocando
come centravanti del team cecoslovacco (che contava tra le sua fila
un altro tennista, di minor calibro ma pur sempre Davisman, Vladimir
Zabrodsky). Le sua qualità erano tali che ricevette diverse offerte
per passare ai team della Lega professionistica di hockey americana
(NHL): nonostante proposte decisamente allettanti, tra tutte quella
dei Boston Bruins, fu proprio l'amore per tennis a spingere Drobny a
rifiutare.
Altra particolarità è il fatto che partecipò al torneo
di Wimbledon sotto ben quattro nazionalità differenti: prima sotto
la bandiera della sua Cecoslovacchia, quindi sotto quella del
Protettorato di Boemia e Moravia (in seguito all'invasione tedesca
durante la Seconda Guerra Mondiale), ancora sotto quella egiziana,
ottenuta in seguito alla sua decisione di lasciare la sua nazione
successivamente al colpo di stato comunista del 1948 (in questo caso
Drobny girovagò come “apolide” cercando di ottenere qua e là
dei permessi di soggiorno: ottenne la nazionalità egiziana per via
dell'amicizia che lo legava alla sorella del Re Farouk). Infine giocò
il suo ultimo Wimbledon a 38 anni suonati rappresentando il Regno
Unito, da tempo Paese di residenza suo e della moglie Rita Anderson
Jarvis, ex-tennista inglese.
Giocatore mancino, dotato di grande
classe e di un elegante rovescio slice, Drobny non era noto per
essere un “cuor di leone”, tanto che, all'inizio della carriera,
si fece la fama di perdente di successo, per l'elevato numero di
match persi sul filo di lana, a causa secondo alcuni di un evidente
complesso d'inferiorità che si trascinava dietro sin da ragazzino.
Perse infatti le prime quattro finali Slam giocate (Roland Garros
1946 con Bernard al quinto set, RG 1948 con Parker in 4 set,
Wimbledon 1949 con Schroeder in 5 set ed ancora RG con Patty al
quinto set). I primi due successi arrivarono comunque a Parigi, nel
1951 contro Sturgess e nel 1952 con Sedgman (che quell'anno lo
sconfisse in finale a Wimbledon) ma fu nel 1954, a quasi 33 anni, che
arrivò il trionfo più atteso ed inseguito: in un centrale di
Wimbledon gremito di folla, tutta schierata dalla sua parte,
sconfisse in quattro durissimi set il ventenne australiano Ken
Rosewall (poi capace di ritornare a giocare una finale esattamente 20
anni dopo, contro Jimmy Connors) e poté finalmente sollevare il
trofeo più ambito, dei 130 conquistati nella sua carriera di
amateur. In quel momento rappresentava l'Egitto. Continuò a giocare
sino a 42 anni, sempre come amateur, senza più acuti nei tornei del
Grande Slam, ma continuando a regalare spettacolo col suo tennis e la
sua classe (e vincendo svariati titoli: Lione, Berlino, Sanremo,
Cannes ed altri ancora). Si legò anche all'Italia, seguendo per un
certo periodo in veste di coach i nostri Nicola Pietrangeli e Orlando
Sirola (e poi il team sudafricano e quello svedese di Coppa Davis) ed
in Italia giocò il suo ultimo torneo, a Roma, nel 1963, in evidente
sovrappeso, battendo Pato Alvarez e perdendo dallo slavo
Jovanovic.
Morì a Londra, dove da tempo risiedeva e seguiva il suo negozio di articoli tennistici “Old Drob”, nel 2001.
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