La
Svezia, sulle orme di Bjorn Borg, produsse una miriade di fuoriclasse
e buoni giocatori, protagonisti del tennis mondiale anni '80/90: i
nomi sono talmente tanti che spesso si tende a dimenticare qualcuno. Uno di ottima caratura, per il
quale abbiamo nutrito notevole ammirazione, è invece lo "svedese
americano" Mikael Pernfors. Classe 1963, studente presso
l'Università della Georgia, ebbe un' eccellente carriera a livello
universitario, riuscendo nella difficile impresa di vincere due
titoli NCAA consecutivi (1984 e 1985), cosa riuscita sino ad allora
all'ex grande giocatore americano Denis Ralston.
Fino al 1986,
impegnato negli studi, Pernfors aveva limitato la sua attività
agonistica (ricordiamo un successo nel challenger di Porto Alegre del
1985), ma fu proprio nel 1986 che giunse la sua consacrazione: prima
si avvicinò ai primi 30 del mondo, ottenendo alcuni buoni risultati
nei tornei americani (semifinali a Memphis, quarti a La Quinta,
Atlanta e Indianapolis) e poi conquistò il risultato più importante
ed inatteso della carriera, una clamorosa finale al Roland Garros.
Infilò due settimane strepitose, piegando avversari del calibro di
Edberg, Jaite, Becker e Leconte, prima di essere nettamente superato
dall'allora imbattibile Lendl. Il resto della stagione lo vide
esprimersi su livelli medio-alti, accedendo ai top ten (best ranking
n°10) e diventando protagonista della finale di Coppa Davis persa
per un soffio con l'Australia, sull’erba di Melbourne (batté
McNamee e perse da un grande Cash, sciupando un vantaggio di due set
a zero).
Giocatore solido da fondo campo, con un robusto rovescio
bimane, Pernfors si trovava a suo agio sul cemento e sulla terra
rossa, ma aveva sempre mostrato un buon adattamento anche all’erba.
L'anno seguente il suo rendimento, pur buono, calò sensibilmente
(semifinali a Memphis e Tokyo) e si rammenta un incredibile match
perso a Wimbledon con il 35enne Connors, dopo esser stato avanti per
due set a zero (vinti entrambi per 6-1). Sempre a livello di top 20
l'anno seguente con la finale persa a Memphis contro Agassi, un
ottimo torneo giocato ad Indian Wells (batté anche Edberg) e, dopo
un infortunio che lo fermo per qualche mese, i suoi due primi titoli
ATP, quelli di Los Angeles (su Agassi) e Scottsdale (su
Layendecker). Perse qualche posizione nel 1989 (attorno al 40°
posto), stagione non troppo ricca di soddisfazioni (semifinali di
Philadelphia, più qualche quarto di finale). Condizionato da seri
problemi fisici fu il 1990, dove si ricordano i quarti di finale agli
Australian Open (sconfitto da Noah, dopo aver superato John McEnroe
nel famoso match in cui Supermac fu squalificato per intemperanze
varie); pochissima attività in una stagione che lo vide scivolare
attorno al 200esimo posto ATP.
Gli anni seguenti lo videro ben sotto
il 250esimo posto mondiale: di lui si erano perse le tracce
(ricordiamo solo il successo nel challenger di Birmingham del 1992),
quando sorprendentemente tornò in auge nel 1993 con alcuni buoni
piazzamenti, il successo in ben 4 challenger (ancora Birmingham,
Bochum, Furth e Bermuda), ma soprattutto con il clamoroso ed inatteso
successo addirittura in un Masters Series, il prestigiosissimo Open
del Canada di Montreal (sconfisse gente del livello del n°2 mondiale
Courier, Volkov, Korda ed in finale Todd Martin); recuperò così un
posto intorno al numero 30 mondiale.
Furono
gli ultimi fuochi: dopo un paio di stagioni completamente anonime,
lasciò il tennis nel 1996. Vanta nella sua carriera vittorie su
quasi tutti i grandi: fra gli altri Sampras, Agassi, Edberg,
Wilander, McEnroe, Muster, Courier, Edberg, Becker, Stich, Leconte e
Bruguera.
Attualmente
partecipa con buona assiduità ai tornei del Senior Tour.
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