giovedì 3 settembre 2015

CHI SI RICORDA DI....PETER SZOKE?











Tra i personaggi minori entrati nella storia del tennis italiano, c’è sicuramente l’ungherese Peter Szoke, protagonista della “disfatta di Budapest”, clamorosa sconfitta dello squadrone azzurro di Coppa Davis, reduce da due finali consecutive (quella vinta in Cile e quella persa in Australia). L’anno era il 1978 e gli azzurri, guidati dal nuovo capitano Bitti Bergamo che aveva appena sostituto Nicola Pietrangeli, andarono a Budapest nel mese di luglio per affrontare un match tutto sommato di routine: gli ungheresi schieravano l’ottimo Balasz Taroczy ed il quasi sconosciuto (in epoca pre-internet non era così facile reperire informazioni sui giocatori, specie quelli dell’Est europeo) mancino 31enne Peter Szoke. Era lecito pensare che Adriano Panatta e Corrado Barazzutti (che in quel momento stava fra i primi dieci giocatori del mondo), supportati da Paolo Bertolucci nel doppio, non avrebbero avuto particolari problemi nello sbrigare quella "pratica". Invece accadde l’imponderabile: gli ungheresi, che in casa avevano già superato i belgi ed i tedeschi dell’Ovest, diedero il massimo e, complice un Panatta in condizioni disastrose, si trovarono in vantaggio per 2-1 dopo il doppio, con la vittoria di Taroczy su Adriano, quella di Barazzutti su Szoke e la inopinata e nettissima sconfitta del nostro super-doppio Panatta-Bertolucci contro Taroczy e Szoke. Ma non tutto sembrava perduto: la domenica Panatta avrebbe dovuto affrontare Szoke, punto che si considerava praticamente già in tasca, e poi Barazzutti avrebbe avuto tutte le possibilità di mettere il match in battaglia e superare alla distanza il pur quotato Taroczy. Ma le cose andarono in modo diverso: Adriano incappò in una giornata nerissima, forse una delle peggiori della sua carriera, e dovette arrendersi a Szoke in 4 set (63 36 60 86), gettando nello sconforto un ambiente ormai abituato ai successi e rendendo inutile il quinto match nel quale Taroczy piegò agevolmente un poco interessato Barazzutti Gli ungheresi poi furono fermati a Bastad da una Svezia guidata da Bjorn Borg (che concesse al povero Szoke appena due giochi in tre set!!). Tante furono invece le accuse rivolte agli azzurri e soprattutto a Panatta, il quale rispose andandosene in vacanza in Sardegna. Al rientro, come spesso gli capitava, ritrovò d’incanto il suo miglior tennis: giocò il mitico e sfortunato match a Flushing Meadows, perso sul filo di lana con Jimmy Connors, vinse l’Open del Giappone a Tokyo, arrivò in finale a Bologna e nei quarti a Madrid e San Francisco. Gli azzurri nei due anni seguenti conquistarono altre due finali, perdendo con gli USA nel 1979 (e in quell’edizione Panatta si prese la rivincita al Foro Italico con Szoke, lasciandogli appena 5 giochi!) e con la Cecoslovacchia nel 1980.


Tornando a Szoke, vorremmo un po’ sfatare il mito che si trattasse di un autentico “brocco”: osservando la lista dei giocatori coi quali Panatta perse in carriera, possiamo dire che non è nel gruppo dei peggiori. Non si trattava naturalmente di un campione, ma di un discreto giocatore, buon doppista e capace col suo tennis mancino di mettere in difficoltà tanti ottimi giocatori. Pochi ricordano che, appena 21enne, fu già nostro avversario in Coppa Davis: l’anno era il 1968 ed a Cagliari fu seccamente sconfitto da Nicola Pietrangeli e Martin Mulligan. Però nella sua carriera, che lo vide anche fra i primi 50 del mondo (best ranking n°47), ottenne alcuni risultati di rilievo: in primo luogo la finale raggiunta ad Amburgo nel 1971, quando perse dallo spagnolo Andres Gimeno, dopo aver battuto fra gli altri il connazionale Istvan Gulyas (finalista al Roland Garros nel 1966), lo slavo Nikki Pilic (finalista poi al Roland Garros nel 1973) e soprattutto il grande Jan Kodes (vincitore di due titoli al Roland Garros, di Wimbledon 1973 e due volte finalista agli US Open). Fu poi nei quarti di finale agli Internazionali d’Italia del 1973, dove superò Pietrangeli, Mulligan, Dibley e soprattutto il grandissimo John Newcombe (vincitore di sette Slam), prima di cedere a Manolo Orantes. Nel 1969 perse invece le finali di Leverkusen (con Pato Rodriguez) e del Gran Prix indoor d'Austria di Shewchat (con il giocatore di casa Ernst Blanke). Giocò poi sul circuito con alterne fortune, superando altri giocatori importanti quali Orantes, Proisy, Gisbert e Pecci



Concludiamo ringraziando l’amico Fabio per la splendida e introvabile foto che ritrae Panatta e Szoke prima del match di Budapest. Fabio inoltre ci ricorda che il buon Peter non era affatto un “cameriere del bar dell’aeroporto di Budapest”, come si disse all’epoca, bensì il dirigente dei servizi di ristoro dell’aeroporto.Si trattava naturalmente di un lavoro “formale”, come avveniva all'epoca nei paesi dell'Est per i cosiddetti “dilettanti di stato”.

martedì 19 maggio 2015

PILLOLE DAL PASSATO : DICK STOCKTON





Ottimo giocatore americano degli anni '70 era il newyorkese Richard “Dick” Stockton. Classe 1951, ebbe un'eccellente carriera già a livello juniores, vincendo l'Orange Bowl nel 1968, in finale con il connazionale Paul Gerken e poi continuando a giocare molto bene anche a livello universitario, dove si aggiudicò, tra l'altro, il prestigioso titolo NCAA sia in singolare che in doppio (nel 1972). Dopo la prima finale in carriera, persa a Merion nel 1971 con Clark Graebner e le semifinali raggiunte a Columbus e Tanglewood nel 1972, arrivarono i primi risultati importanti nel 1973, quando lo troviamo finalista al WCT di Miami (superato da Laver), semifinalista a Richmond e Bruxelles e spesso ottimo piazzato. Nel 1974 conquistò i suoi primi titoli, al WCT di Atlanta (con Jiri Hrebec) e Adelaide (con Geoff Masters), andò in finale a Charlotte (sconfitto da Borowiak) e soprattutto in semifinale a Wimbledon, suo miglior risultato Slam (perse con Connors), oltre che a Maui e Tokyo. Ormai stabilmente fra i primi 20 del mondo, Stockton visse in questi anni le stagioni migliori, avviandosi verso il meritato accesso nei Top Ten: nel 1975 vinse il WCT di San Antonio (con Stan Smith) e perse le finali di Forth Worth e Washington (con John Alexander e Mark Cox); nel 1976 vinse il WCT di Lagos (con Arthur Ashe), andò in finale a Sydney (con Roche), in semifinale a Philadelphia, Roma WCT, Dallas, Cincinnati, Louisville, San Francisco, Perth e Tokyo e nei quarti agli US Open. L'anno migliore fu il 1977 che lo condusse al best ranking di n°8: mise in bacheca l'importantissimo titolo degli U.S. Pro indoor di Philadelphia (battendo in finale il n°1 del mondo Jimmy Connors), si ripeté ancora con Connors al WCT di Toronto, quindi vinse a Rotterdam (su Nastase); lo troviamo poi in finale alle WCT Finals di Dallas (dove Connors si prese la rivincita), in semifinale a Londra, al Torneo dei Campioni ed alla WCT Challenge Cup e nei quarti agli US Open, dove batté Adriano Panatta ed approfittò del ritiro di Bjorn Borg, prima di cedere ad Harold Solomon. Il 1978 lo vide in leggero calo rispetto all'anno precedente, sebbene ancora saldamente fra i primi 20: si aggiudicò il suo ultimo titolo a Little Rock (con Hank Pfister), fu finalista al WCT di Birmingham (battuto da Borg) ed a San Francisco (sconfitto da John McEnroe) e semifinalista a Cleveland, Wembley e soprattutto al Roland Garros, dove eguagliò il suo miglior risultato Slam, sulla superficie forse meno amata (perse con Vilas). Dal 1979 ebbe invece inizio un calo di rendimento che lo portò progressivamente a scivolare nel ranking mondiale: segnaliamo solo la semifinale a Denver e qualche altro buon piazzamento nei quarti. Anni neri furono quelli seguenti, che videro Stockton uscire dai primi cento: giunsero tante sconfitte e possiamo menzionare solo la semifinale sull'erba di Manchester (1980) e l'ultima finale ATP, a South Orange (1981, sconfitto da Glickstein). Rallentò quindi l'attività, giocando ancora per qualche anno, senza ottenere risultati degni di nota. Da menzionare anche i 16 titoli conquistati nel doppio (fra un Masters WCT vinto nel 1977 in coppia con Vijay Amritraj) e le vittorie con quasi tutti i grandi: Laver, Rosewall, Borg, Connors, Nastase, Smith, Ashe e Newcombe, giusto per citarne alcuni. Infine ricordiamo alcune partecipazioni alla Coppa Davis, con un saldo di 5 vittorie e 5 sconfitte, fra singolare e doppio.


martedì 21 aprile 2015

CHI SI RICORDA DI....JAIME ONCINS?



Uno dei piccoli incubi del nostro tennis è senza dubbio considerato il brasiliano Jaime Oncins. Molti di noi ricordano nell'incontro di Coppa Davis giocato a Maceio' nel 1992 la sua vittoria in 5 set su Paolo Cane' e poi il match decisivo vinto per l'ormai famoso e quasi "drammatico" ritiro di Stefano Pescosolido. Oncins, classe 1970, ebbe una buona carriera a livello giovanile: lo ricordiamo, tra l'altro, vincere il trofeo dell'Avvenire all'Ambrosiano di Milano contro il nostro Diego Nargiso, nel 1986. In carriera ha raggiunto un best ranking di n°34, ottenendo buoni risultati soprattutto nei tornei di casa. Infatti tra le mura amiche era un giocatore particolarmente ostico sia in Coppa Davis che nei vari tornei: lo ricordiamo vincitore di numerosi Challenger (Lins 1989, Campos e San Paolo 1990, ancora San Paolo 1991, Natal 1993, Asuncion 1995, Seoul e Belo Horizonte 1996), ma anche di due titoli ATP, a Bologna ed a Buzios (Brasile) entrambi nel suo anno migliore, il 1992, in finale rispettivamente su Renzo Furlan e sul connazionale Luiz Mattar. Ritiratosi nel 2000, ha raggiunto anche gli ottavi al Roland Garros (sempre nel 1992) e conta vittoria su avversari come Lendl, Chang, Gomez, Jaite, Steeb, Mancini e persino su Bjorn Borg, sconfitto a San Francisco nel 1993 (si trattava di quell'infelice periodo in cui l'Orso tentò un improbabile rientro).


PILLOLE DAL PASSATO: MAGNUS GUSTAFSSON


Ancora rimaniamo stupiti se scorriamo la lista dei campioni e degli eccellenti giocatori che giravano il circuito ATP coi colori della Svezia, nel corso degli anni '80 e degli anni '90. Ne abbiamo ricordati tanti: oggi vogliamo parlare di un giocatore forse meno conosciuto,  perché in certo modo "oscurato" dai campioni più celebrati, ma di notevolissima solidità. Parliamo di Magnus Gustafsson: classe 1967 riuscì a mantenersi fra i primi 100 giocatori del mondo per ben più di un decennio, raggiungendo dei picchi di rendimento che gli permisero in certi momenti di portarsi tra i top ten. Dopo aver iniziato a prender confidenza nel 1987, vincendo qualche torneo challenger e raggiungendo la semifinale al torneo di Stoccolma, iniziò ad esprimersi ad alti livelli nel 1988 quando in seguito a numerosi piazzamenti, tra i quali le semifinali a Barcellona ed Hilversum ed il quarto turno al Roland Garros, riuscì ad entrare tre primi 50. Ebbe una stagione interlocutoria nel 1989, dopo gli ottavi di finale raggiunti agli Open d'Australia riuscì comunque a giocare due finali ATP perdendo a Gstaad dal tedesco Steeb ed a Stoccolma dal numero uno del mondo Ivan Lendl, dopo aver però superato Andre Agassi e Mats Wilander. Il vero salto di qualità giunse nel 1990 quando una stagione di grande continuità e caratterizzata da molteplici piazzamenti lo portò a ridosso dei primi 20 giocatori del mondo: ricordiamo fra l'altro le semifinali a Bruxelles ed torneo indoor di Stoccarda. Nel 1991 arrivò finalmente ingresso fra i primi 10 giocatori del mondo, grazie alla sua continuità di rendimento ed alla eccezionale versatilità che gli permetteva di esprimersi su livelli molto elevati sia sulla terra che sulle superfici rapide: in questa stagione conquistò i suoi primi tre titoli ATP, a Monaco di Baviera (su Perez-Roldan), Bastad (su Mancini)  ed Hilversum (su Arrese); giocò inoltre altre tre finali, perdendole tutte e tre curiosamente contro il forte cecoslovacco Karel Novacel (Amburgo, Kitzbühel e Praga) e si segnalò per altri eccellenti piazzamenti.  Dopo un 1992 in leggero calo, ma sempre intorno al 40º posto mondiale, anche grazie al successo di Bastad (in finale su su Carbonell) ed alla finale di Barcellona (persa con Carlos Costa), ritorno' a giocar bene nel 1993, conquistando una serie di ottimi risultati: ricordiamo il successo a Stoccarda, in finale su Stich, le finali di Genova ed Hilversum perse con Muster e Costa, le semifinali a Estoril,  Barcellona, Praga e Umago ed anche l'eccellente finale conquistata a fine stagione al torneo indoor di Anversa, persa con il numero uno del mondo Pete Sampras, dopo aver eliminato l'intero team di Coppa Davis tedesco, ossia Boris Becker e Michael Stich. Il 1994 fu un annata difficile: iniziata alla grande, coi successi di Auckland e Dubai (su Parick McEnroe e Bruguera), i quarti agli Australian Open ed il ritorno fra i top ten, fu pesantemente condizionata da un grave infortunio alla spalla destra, che lo costrinse a perdere un anno di attività a partire dal Roland Garros di quell'anno. Tornò nel 1995, giocando anche molti challenger, e riportandosi agevolmente fra i Top 100; ancora meglio andò nel 1996, anno caratterizzato da due nuovi titoli negli ATP di San Pietroburgo (su Kafelnikov) e ancora Bastad (su Medvedev) e da ottimi piazzamenti (anche una semifinale a Parigi Bercy, dove sconfisse nuovamente Agassi) che lo ricondussero entro i primi 30. Negli anni a seguire ricordiamo ancora una grande continuità di rendimento: nel 1997 vinse a Singapore (su Kiefer) e perse a San Marino e Pechino, mentre nel 1998 vinse a Copenaghen e nuovamente a Bastad (su Prinosil e Medvedev), contribuendo "purtroppo" al successo svedese in Coppa Davis nella (per noi) sfortunatissima finale di Milano con l'Italia di Gaudenzi e Sanguinetti. Prima del ritiro avvenuto nel 2001, quando stava sempre dentro i primi 100 del mondo, centrò altri due successi: Copenaghen 1999 ed Amsterdam 2000, rispettivamente su Santoro e Sluiter. Nella sua carriera ha sconfitto tutti i più grandi, ad eccezione di Pete Sampras: Agassi, Lendl, Edberg, Wilander, Becker, Muster, Kafelnikov, Rafter, Kuerten, Stich, Chang, Bruguera, Noah, Leconte e Ivanisevic sono alcune delle sue più illustre vittime.

1975: IL MATCH DEL SECOLO!!!

1975: IL MATCH DEL SECOLO!!!


Nella metà degli anni '70 si svolgevano svariati match di esibizione, definiti immancabilmente "match del secolo", nei quali alcuni campioni (Connors, Laver, Newcombe i più assidui) si sfidavano per delle "borse" ricchissime. Spesso giudicati con durezza dai "puristi", questi match riscuotevano invece grande successo sia a livello di pubblico che a livello televisivo. Raccontiamo oggi, con le parole di un vecchio Match-Ball,  il più celebre "match del secolo", disputato nel 1975 a Las Vegas fra Jimmy Connors e John Newcombe.

"Jimmy Connors ha battuto a Las Vegas John Newcombe per 63466164 nella sfida definita "il match del secolo", ossia il match più ricco della storia del tennis. 50 milioni di telespettatori hanno assistito, in diretta, all'avvenimento attraverso le reti di Australia, Giappone, Canada e Stati Uniti. 3371 erano invece gli spettatori paganti del Caesar's Palace di Las Vegas. Più rapido, più aggressivo, Connors è riuscito a fare un perfetto match tattico ed a neutralizzare con una precisa risposta il servizio di Newcombe,  l'arma migliore dell'australiano. C'è stato equilibrio solo nei primi due set. Dopo aver realizzato il punto vincente Connors si è gettato tra le braccia della madre Gloria e ha resi un doveroso omaggio suo avversario.  " Newcombe e uno dei migliori giocatori di tutti tempi" ha detto. "Quello non è un essere umano è un diavolo" ha detto invece Newcombe un po' di Connors. L'americano ha guadagnato con la vittoria 400.000 dollari,  Newcombe ne ha invece guadagnati "solo" 250.000".

(Nella foto Jimbo mostra con orgoglio il ricco a segno, a fianco del suo mitico e scaltrissimo manager Bill Riordan)