Il W.C.T. fu elemento fondamentale nella storia del tennis: in questa scheda cerchiamo, nel modo più sintetico possibile, di raccontarne una piccola storia, basandoci sui nostri ricordi e su qualche vecchio articolo. Ovviamente sono gradite considerazioni, aggiunte e chiarimenti di qualunque tipo.
IL
W.C.T.
Il
World Championship Tennis fu creato dal petroliere milionario texano
Lamar Hunt e dall'uomo d'affari di New Orleans David Dixon
(co-fondatore dei New Orleans Saints della NFL) alla fine degli anni
'60 , con lo scopo, in era pre-Open, di creare un circuito tennistico
per giocatori professionisti. L'obiettivo primario, quello di
raccogliere i migliori giocatori e far loro giocare una serie di
tornei in giro per il mondo, era garantito dagli ingenti investimenti
economici; nel contempo si tentava di ammodernare il tennis, cercando
di adattarlo sempre più ai tempi, con l'introduzione di qualche
innovazione, sino a quel momento vista con estrema diffidenza dal
tradizionalista mondo del tennis: l'uso sistematico del tie-break, la
possibilità di derogare al consueto colore bianco per indossare
degli indumenti colorati, un maggiore coinvolgimento del pubblico
durante i match ed il tentativo di attirare una maggiore attenzione
della televisione e dei media in genere. I tornei, inoltre, erano
caratterizzati da montepremi per l'epoca molto consistenti (se non
faraonici), allo scopo di attirare tutti i migliori.
I primi
giocatori ad aderire al progetto del WCT, immediatamente dopo Forest
Hills 1967, furono i cosiddetti “Handsome
Eight”,
i “Fantastici Otto”, convinti, prima dell'avvento dell'era Open,
dallo stesso Dixon a fare il passo verso il professionismo: John
Newcombe fu l'apripista, seguito dal connazionale Tony Roche, dagli
americani Dennis Ralston e Butch Buchholz, dal sudafricano Cliff
Drysdale, dallo jugoslavo Niki Pilic, dal britannico Roger Taylor e
dal francese Pierre Barthès. Furono loro a partecipare al primo
evento, disputatosi nel marzo 1968. Nonostante gli sforzi economici
ed organizzativi le prime annate si rivelarono però un mezzo fiasco: poco
pubblico e scarso interesse da parte dei media, causarono il flop. Ma
Hunt e i suoi non si scoraggiarono, cercando invece di moltiplicare
gli sforzi per raggiungere i propri obiettivi. Negli anni seguenti,
infatti, riuscirono a mettere sotto contratto altri importanti big
come l'Olandese Volante Tom Okker, gli americani Arthur Ashe e Marty
Riessen ed il sudafricano Ray Moore. Ma la mossa decisiva fu quella
assorbire la National
Tennis League,
un altro circuito professionistico alternativo, creato nel 1967
dall’avvocato ed ex-capitano americano di Coppa Davis George
McCall, attivo per qualche anno prevalentemente negli U.S.A. (ma con
qualche tappa europea) e che vedeva tra le sue fila fuoriclasse di
primo piano quali i grandi “aussies” Rod Laver, Ken Rosewall, Roy
Emerson e Fred Stolle, lo spagnolo Andres Gimeno ed il grande,
intramontabile, Pancho Gonzales.
Lo scenario era dunque questo, nei
primi anni dell'era Open: molti giocatori erano sotto contratto col
WCT, altri aderivano al Grand Prix, ideato da Jack Kramer, e
“benedetto” dalla Federazione Internazionale e qualche altro era
del tutto free-lance. La Federazione cercò di prendere spesso dei
provvedimenti punitivi contro i giocatori che aderivano al WCT, sotto
forma di esclusioni ai tornei del Grande Slam (avvenne per esempio
nel 1972), ma il circuito decollò egualmente, organizzando una
ventina di tornei all'anno ed un Masters per i giocatori che avevano
raccolto i migliori risultati (esisteva un ranking apposito, per
calcolare questi punteggi) da tenersi a Dallas di norma nel mese di
maggio (le mitiche WCT
Finals)
e che garantivano al vincitore, nelle prime edizioni, il fantastico
premio di 50.000 dollari. Dopo qualche anno di discordia, con
reciproci dispetti, si giunse infine ad un armistizio, ed a partire
dal 1973 la Federazione decise di “appaltare”
i primi quattro mesi dell'anno al WCT: la stagione risultava quindi
divisa in due “segmenti”, il primo dedicato al WCT col Masters
conclusivo di Dallas (a maggio) ed il secondo riservato al Grand
Prix, col tradizionale Masters di fine anno. La situazione andò
avanti sino al 1978 quando il WCT si fuse col Grand Prix, pur
continuando a mantenere il proprio marchio su molti tornei e le
proprie prestigiose WCT Finals di Dallas, che regalavano sempre
momenti di tennis straordinario.
Nel 1982 esplose infine una vera e
propria “guerra”
che portò alla rottura fra i due organismi: Lamar Hunt scese in
campo con un notevole spiegamento di forze, firmando un importante
accordo con la Fila (che mise in commercio una colorata linea di
abbigliamento con l'effigie del WCT) e soprattutto organizzando
numerosi tornei indipendenti (molti dei quali con tabelloni da 16
giocatori, ben 300.000 dollari di montepremi ed un primo premio
addirittura di 100.000!!!) e aggiungendo altri due Masters, uno
autunnale ed uno invernale (a Napoli ed a Detroit, vinti entrambi da
Lendl) a quello tradizionale di Dallas (pure questo vinto da Lendl).
Il successo fu però davvero modesto: tanti dollari spesi e scarsa
partecipazione, sia del pubblico che dei giocatori, con numerosi
tornei giocati e vinti spesso da giocatori minori (a parte Lendl che
fece quell'anno incetta di titoli e dollari). A partire dal mese di
maggio del 1983, Lamar Hunt e il WCT ridussero progressivamente il
proprio impegno, limitandosi a pochi appuntamenti, nuovamente
inseriti nel tradizionale calendario del Grand Prix. Alla fine degli
anni '80 rimanevano di fatto solo due eventi: le WCT Finals di
Dallas, che chiusero i battenti nel 1989 (con una delle ultime
vittorie di prestigio della carriera di John McEnroe) ed il Torneo
dei Campioni di Forest Hills, terminato nel 1990, col successo di
Ivan Lendl.
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