Il
tennis era da poco diventato Open, superando la storica differenza
fra professionismo e dilettantismo, quando Larry King, all'epoca
marito della grandissima campionessa americana Billie Jean
Moffitt-King, Dennis Murphy, co-fondatore dell'Associazione Mondiale
Hockey, e Jordan Kaiser, provarono ad introdurre il concetto di Lega
professionistica ed a trasformare il tennis in gioco di squadra,
sulla falsariga dei popolari campionati americani di baseball,
basket, hockey su ghiaccio e football. L'idea era rimasta allo stato
embrionale per una decina d'anni, sino a che nel maggio del 1974,
preceduta da un intenso battage pubblicitario, venne finalmente
lanciata la prima stagione del World Team Tennis, la Lega tennistica
americana intercittà. La prima stagione vide ai nastri di partenza
sedici squadre miste (composte da uomini e donne) di sedici diverse
città, da Boston a Chicago, passando per New York e arrivando
persino a Honolulu. Molti magnati attivi in altre discipline sportive
si gettarono nell'operazione, acquistando i diritti di alcune
franchigie,: tra di essi Jerry Buss, allora proprietario dei Los
Angeles Lakers di basket e Bob Kraft, boss dei New England Patriots
di football. Lo stesso King scese in campo con i suoi San Franscisco
Golden Gaters.
La
prima stagione del World Team Tennis (WTT) ebbe allora un impatto
“esplosivo”, sia per le innovazioni introdotte, sia per i
cospicui ingaggi garantiti ai giocatori partecipanti. Tanto che, la
Federazione Internazionale di Tennis, intimorita dalla concorrenza
del nuovo campionato, decise in prima battuta di emanare dei
provvedimenti punitivi nei confronti dei giocatori che partecipavano
al WTT: in particolare a molti di essi fu impedita la partecipazione
ad alcuni tornei, fra i quali gli Internazionali d'Italia e
soprattutto il Roland Garros di quell'anno. Quest'ultimo
provvedimento, tra l'altro, impedì di fatto all'allora numero uno
del mondo Jimmy Connors, sotto contratto coi Baltimora Banners, di
provare a centrare il quarto Grande Slam della storia del tennis
maschile ; completò infatti proprio in quell'anno i tre quarti di
Slam, vincendo Wimbledon, Us Open e Open d'Australia.
Dopo
alcune iniziali sperimentazioni, fu messo a punto un formato a dir
poco insolito e stravagante: le squadre, composte generalmente da 2/3
uomini e 2/3 donne, si affrontavano per un totale di cinque set, con
un set ciascuno di singolare maschile, singolare femminile, doppio
maschile, doppio femminile e doppio misto. Erano consentite le
sostituzioni dei giocatori durante il corso del match e invece di
determinare la squadra vincitrice in base al numero di set vinti, ciò
avveniva calcolando il numero totale di game vinti dalla squadra nel
corso dei cinque set. Altra curiosa particolarità fu quella del
punteggio: per avvicinare al tennis il pubblico americano, più
avvezzo al baseball, al basket, all'hockey o al football, fu
sostituito il normale e tradizionale punteggio (15-30-40) con uno più
semplice, basato sul principio del “no-ad score”. Si contavano i
punti con 1-2-3-4 e il primo giocatore che arrivava a 4 si
aggiudicava il game; il set si considerava chiuso a 5 anziché a 6 e
sul 4-4 veniva giocato il “Super Tie-Break” a nove punti. Altre
originali trovate: il servizio chiamato “let” veniva considerato
out e si giocava su dei campi multicolore, nei quali i rettangoli del
servizio avevano colori differenti fra loro e dal resto del campo.
Inizialmente
l'idea sembrò riscuotere un certo successo, frutto della massiccia
campagna pubblicitaria e dei grandi nomi schierati in campo: un
chiassoso pubblico di matrice prevalentemente non tennistica si
divertiva in affollati palazzetti, nei quali degli speaker gridavano,
mettevano musica, raccontavano ciò che accadeva sui coloratissimi
campi e incitavano gli spettatori-tifosi a disturbare con grida e
ululati gli avversari durante gli scambi (era celebre l'invito
rivolto ai tifosi a gridare “miss it”” - sbaglialo! - nel
momento in cui l'avversario era al servizio). I giocatori, coi nomi
scritti a grandi lettere sul retro delle magliette, stavano al gioco,
producendosi in numeri spettacolari ed indossando variopinte divise.
I magnati proprietari delle franchigie, incoraggiati allora da quel
discreto successo, negli anni a seguire misero in atto delle
imponenti campagne acquisti, offrendo cospicui ingaggi ai nomi più
altisonanti del circuito tennistico; al punto che molti campioni
preferirono rinunciare ai tornei del circuito”tradizionale” per
partecipare agli incontri del WTT. Tra il 1974 e il 1978 furono
ingaggiati tra gli altri, oltre a Connors, personaggi del calibro di
Margaret Court (Hawaii Leis), una delle tre donne a completare il
Grande Slam, Rod Laver (San Diego Friars), che di Grande Slam ne
completò due, Ken Rosewall (Pittsburgh Triangles) Chris Evert (Los
Angeles Strings), Virginia Wade (San Francisco Golden Gaters), Ilie
Nastase (Los Angeles Strings, con un contratto di un milione e mezzo
di dollari per sei anni), John Newcombe (Hawaii Leis), Vitas
Gerulaitis (Pittsburgh Triangles) e Bjorn Borg (Cleveland Nets - “a
Nets Star is Bjorn” era il gioco di parole riportato da un
cartellone pubblicitario dell'epoca). Quest'ultimo, nel 1977,
rinunciò addirittura a giocare il Roland Garros, dove sarebbe l'uomo
da battere, proprio per partecipare ad alcuni incontri del WTT; del
suo team faceva parte tra l'altro la sua fidanzata, e futura moglie,
la rumena Mariana Simonescu, tennsita fra le prime 100 del mondo.
Già
alla fine del 1977 tutti i team iniziarono però a risentire dei
problemi economici, coi palazzetti che progressivamente si svuotavano
a causa dei prezzi dei biglietti sempre più alti e le crescenti
difficoltà a rientrare nelle ingenti spese sostenute, anche a causa
dello scarso interesse mostrato dalla TV. La Lega entrò rapidamente
in crisi e cessò di esistere alla fine del 1978. Fu “riesumata”
a più riprese, con formule e franchigie differenti, a partire dal
1981 sino ad oggi: nonostante la partecipazione di grandissimi nomi,
tra i quali John McEnroe, Andre Agassi, Pete Sampras, Martina
Navratilova, le sorelle Williams, Maria Sharapova, Kim Clijsters e lo
stesso Jimmy Connors (ingaggiato addirittura lo scorso anno, all'età
di 59 anni, dalla franchigia di Philadelphia), la stravagante “magia”
e l'inconsueto e colorato fascino di quelle prime edizioni non furono
mai più eguagliati.
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