Giocatore
molto interessante e abbastanza dimenticato è l’americano Cliff
Richey. Texano, classe 1946, ebbe una buona carriera a livello
giovanile, diventando campione juniores statunitense (1963) e
conquistando il Roland Garros juniores (1964). Molto attivo come
“amateur” nel corso degli anni ’60, prima dell’avvento
dell’Era Open, si aggiudicò alcuni importanti tornei (tra gli
altri Milwaukee, West England, Houston e Buenos Aires), scegliendo
nei primi anni della stessa Era Open di rimanere free-lance, non
aderendo a nessuno dei neonati circuiti professionistici. Nel 1968 le
sua qualità iniziarono ad emergere in maniera chiara, portandolo a
conquistare alcuni titoli di prestigio quali New Orleans, Houston,
Salisbury e Midland, ed a sconfiggere molti dei migliori giocatori
dell'epoca. Nel 1969 consolidò il suo ruolo tra i big, centrando
numerosi successi: Curacao, Cincinnati, Merion, Phoenix, Omaha,
Toronto ed ancora New Orleans. Il vero “botto” arrivò però nel
1970, quando Richey riuscì a mettere insieme una stagione di grande
livello e continuità, aggiudicandosi la prima classifica di fine
anno del neonato “Pepsi Cola Grand Prix”, il circuito
professionistico di tornei creato da Jack Kramer e “benedetto”
dalla Federazione Internazionale. I successi di Austin (su
Froehling), Macon (su Ashe), Charlotte (su Carmichael), Atlanta (su
Graebner), Washington (su Ashe) e Indianapolis (su Smith), le finali
di Salisbury, Porto Rico, Houston, Cincinnati, Berkeley e Wembley e
le semifinali al Roland Garros ed a Forest Hills coronarono la sua
migliore annata che, in assenza di ranking ufficiali, lo fece
considerare il sesto giocatore del mondo ed il primo degli americani.
Al Roland Garros, in particolare, fu ad un passo dalla finale, quando
in semifinale fu clamorosamente rimontato da Franlulovic (poi
sconfitto da Kodes) dopo che si era trovato avanti per due set ad uno
e 5-1 nel quarto (con due match-points a favore).Infine fu
protagonista, vincendo i suoi due singolari, della finale di Coppa
Davis conquistata dagli U.S.A. contro i tedeschi dell'Ovest.
Il
rendimento calò però nettamente nel 1971, col solo successo di
Houston (su Graebner) e le finali di Salsbury e Indianapolis. Nel
1972, oltre a partecipare attivamente alla creazione dell'ATP (di cui
è, di fatto, uno dei “padri fondatori”) giunsero i successi di
Londra (sul vecchio Lew Hoad), Omaha (su Graebner), Johannesbourg (su
Orantes) e Bretton Woods (su Borowiak), a cui vanno aggiunte la
finale di Charlotte persa da Rosewall per il circuito WCT, al quale
aderì proprio in quella stagione e la semifinale raggiunta agli US
Open e persa con Ashe. Col passare degli anni il rendimento calò
sensibilmente, portando Richey ad uscire dal lotto dei migliori, per
stazionare nel “gruppone” di quelli a ridosso dei grandi. Un sola
finale a Monaco, nel 1973, il successo a Lakeway (su Alexander) nel
1974 e gli ultimi due ottenuti al Bermuda Open di Hamilton 1976 (su
un giovane Gene Mayer) ed al Peugeot Open di Johannesbourg del 1978
(su Dowdeswell), ne accompagnarono il finale di carriera, fino al
ritiro avvenuto nel 1979.
Nel dopo tennis, oltre a continuare a
giocare (vinse anche il Legends Senior Tour Championship nel 1983),
si è dedicato al golf, con ottimi risultati, oltre che a
numerosissime altre attività, spesso a carattere benefico ed
umanitario. E' diventato uno dei punti di riferimento a livello
nazionale della cosiddetta “mental health awareness”, intesa come
studio e cura della depressione e dei disagi mentali, scrivendo un
libro, non tradotto in Italia e giudicato splendido, nel quale
racconta la sua vita di tennista professionista, le sue frustrazioni
e le problematiche psicologiche in maniera lucida e brillantissima.
Il titolo del libro, che speriamo di vedere in Italia, è “Acing
Depression: A Tennis Champion's Toughest Match”. Da ricordare
infine che sua sorella Nancy fu un'eccellente tennista
professionista, capace di conquistare, fra l'altro, sei finali in
tornei del Grande Slam (oltre a 4 successi in doppio): vinse gli
Australian Open 1967 e il Roland Garros 1968, perdendo le finali di
Forest Hills nel 1966 e 1969, di Parigi e in Australia ancora nel
1966.
(nel
collage: Richey in azione, oggi col suo libro ed in una foto in
compagnia della sorella Nancy)
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