Oggi ricordiamo il perugino Francesco Cancellotti:
classe 1963, ebbe una discreta carriera a livello giovanile ed un
buon impatto con il circuito professionistico. Nel 1983 conquistò il
suo primo successo nel challenger di Galatina, raggiungendo poco dopo
la prima finale ATP, quella di Firenze, dove fu sconfitto dall'allora
fortissimo americano Jimmy Arias (dopo aver battuto due vecchie volpi
come John Alexander ed Eddie Dibbs); il titolo di campione d'Italia, i quarti a
Washington e la semifinale di Palermo confermarono le sue qualità,
portandolo fra i primi 100 giocatori del mondo. Giocatore che basava
il suo gioco sulla regolarità e su un potente e preciso diritto,
preferiva certamente la terra rossa ed ottenne la “consacrazione”
nel 1984, anno nel quale, oltre a bissare il titolo di campione
italiano, vinse i suoi due unici titoli ATP, a Firenze (su Jimmy Brown) e
Palermo (su un giovane Gattone Mecir), ottenendo altri risultati
quali la finale di Bordeaux (persa con Josè Higueras), i quarti a Roma e
North Conway ed il quarto turno al Roland Garros, oltre che vittorie
su avversari del calibro di: Wilander (a Roma), Pecci, Smid, Chris
Lewis, Novacek e Gottfried, arrivando a ridosso dei primi 20 giocatori
del mondo. L'anno seguente, nonostante i quarti a Montecarlo (cui
seguì il suo 21° posto mondiale, best ranking) ed il quarto turno
a Parigi, anziché le attese conferme arrivarono molte sconfitte e si
delinearono due caratteristiche che, assieme ad una
programmazione talvolta un po' troppo “autarchica”, ne
condizioneranno la carriera: una certa fragilità psicologica
(molti match persi sul filo di lana: anche in Davis contiamo le
sconfitte al quinto set con Krishnan e Acuna) e l'incapacità, risultati alla mano, di
adattarsi a superficie diverse dalla terra.
L'anno dopo, il 1986, fu
un un mezzo disastro: qualche sorteggio sfortunato (due volte Lendl),
ma anche una serie infinita di sconfitte con avversari alla sua portata (Avendano, Brown, Aprili, Fioroni, Cassidy, Meinecke etc.) lo
fecero precipitare quasi fuori dai primi 200 del mondo! Negli anni
seguenti si riprese con qualche discreto risultato, confermando però
ancora la sua fragilità che lo portò a perdere sul filo di lana una
serie incredibile di match (contro Oresar in Davis, le due finali ATP
perse nel 1987 a Bari e Saint Vincent con Pistolesi e Rebolledo, la
finale di Bastad con Filippini, quella con Canè a San Marino, sono
solo alcuni degli esempi). Ritrovò per un breve periodo un posto fra
i primi 70 giocatori del mondo ma non riuscì a ritrovarsi ai livelli
del 1984. Ben presto però i risultati tornarono ad essere deficitari e
dopo aver tentato, senza successo una nuova risalita nel ranking
attraverso i challenger ed i tornei satellite, alla fine del 1991 si
ritirò, a soli 28 anni, per dedicarsi alla famiglia e ad attività
imprenditoriali.
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