martedì 26 novembre 2013

PILLOLE DAL PASSATO: VLADIMIR VOLTCHKOV

Raggiungere la semifinale di Wimbledon partendo dalle qualificazioni non è un'impresa facile: nel 1977 ci riuscì un 18enne John McEnroe, nel quale molti intravvidero le “stimmate” del campione. E non ebbero torto. Però quando sei un 22enne bielorusso, n°237 del mondo, assiduo frequentatore dei tornei challenger e fresco vincitore del torneino di Fergana, in Uzbekistan, la cosa si fa più interessante. In realtà Voltchkov non era proprio uno sconosciuto e nemmeno uno che “masticava” poco i prati inglesi: nel 1996, infatti, aveva vinto il torneo juniores di Wimbledon, superando in finale Ivan Ljuibicic. Però sembrava essersi perso per strada. Fuori dai primi 300 del mondo, vinse appunto il challenger di Fergana, battendo in semifinale il nostro Galvani ed in finale il russo Kunytsin e si presentò, appunto da n°237 ATP, alle qualificazioni di Wimbledon, superandole. Il tabellone gli propose in sorte prima l'argentino Chela (che sconfisse in 5 duri set), poi il francese Cedric Pioline, sesta testa di serie e finalista tre anni prima: dopo aver vinto i primi due set, subì la parziale rimonta di Pioline, ma finì per vincere ancora una volta al quinto set. A quel punto la sua marcia si fece più sicura, nonostante quella inattesa performance l'avesse costretto a chiedere in prestito dell'attrezzatura tecnica, non avendo previsto una così lunga permanenza a Londra! Al terzo turno cadde il marocchino Younes El Aynaoui, in tre set, ed al quarto fu la volta, sempre in tre set, dell'esperto sudafricano Wayne Ferreira, uno che sull'erba si trovava molto a suo agio. A questo punto era nei quarti in finale: la sorte gli riservò il giocatore dello Zimbabwe Byron Black, grande doppista ed eccellente singolarista che, nel turno precedente, aveva infranto in quattro set i sogni di gloria del nostro bravissimo Gianluca Pozzi. In tre set la spuntò ancora una volta il bielorusso, guadagnandosi, nel pieno dell'onda del successo di Russell Crowe e del suo “Gladiator”, il soprannome di “Vladiator”, attribuitogli dalla fantasiosa stampa inglese. Le semifinali avrebbero opposto il carneade bielorusso al Re di Wimbledon, Pete Sampras, e gli altri due grandi Andre Agassi e Pat Rafter.. Pur acciaccato e tormentato da problemi alla gamba sinistra, Pete non si fece sorprendere né commuovere dalla favola del bielorusso e vinse in tre set, andando poi a conquistare, in finale su Rafter, il suo settimo ed ultimo titolo ai Championships. Misero in risalto i giornali inglesi il fatto che la madre di Vladimir guadagnava circa 7 sterline all'ora, mentre il figlio ne portò a casa circa 193mila con quel risultato! 
Il resto della carriera non fu però particolarmente brillante e, dopo aver raggiunto il best ranking di n°25 (grazie alla semifinale di Brighton ed i quarti di Mosca e San Pietroburgo nel 2000 e alle semifinali di Doha e Rotterdam ed i quarti di Milano nel 2001) e scivolò indietro, soprattutto dopo aver perduto i punti ATP guadagnati con quella semifinale, quando nel 2001 uscì al primo turno contro Youzhny. Inanellò tante sconfitte nei primi turni, uscendo rapidamente dai primi 100 del mondo e riprendendo a giocare i challenger: nel 2002 disputò e perse (con Kafelnikov) la sua unica finale ATP a Tashkent. Chiuse la carriera nel 2008, anche in seguito ad alcuni problemi fisici, dopo aver vinto una dozzina fra challenger e futures e guadagnato quasi un milione e mezzo di dollari di soli premi. Infine ricordiamo come fu ottimo protagonista del team bielorusso di Coppa Davis col quale, insieme al connazionale Max Mirnyi (all'epoca anche ottimo singolarista) ottenne una prestigiosa semifinale nel 2004, sconfitto dagli USA, dopo aver eliminato Russia ed Argentina ed anche i quarti nel 2005 superando a Minsk la Spagna di Ferrer e Robredo.

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