mercoledì 17 gennaio 2018

VECCHIE STORIE ....ANCHE BORG PERDEVA LA PAZIENZA!






La storia del tennis è costellata di giocatori a dir poco "turbloenti" e di altri "imperturbabili": a questa ultima categoria apparteneva certamente Bjorn Borg, detto anche "Ice-Borg" per evidenziare il suo comportamento glaciale di fronte a qualsiasi evento accadesse dentro il campo da tennis. Non sono quindi molti i casi in cui Borg perse il suo proverbiale aplomb...Molti di noi hanno in mente la sua immagine particolarmente polemica nel corso del match con John McEnroe (e chi se no?) nel Masters del 1980, giocato a New York nel gennaio del 1981 e immortalato dalla foto sopra riportata. Indispettito per una chiamata arbitrale a suo sfavore, l'Orso continuava a protestare col baffuto giudice di sedia, sino a beccarsi un punto di penalizzazione!

Oggi però non vogliamo rievocare quell'evento, bensì un fatto certamente meno noto. Ma partiamo dal principio..
Pochi ricordano che tra la fine del 1976 e la prima parte del 1977 Bjorn Borg dovette fronteggiare un’insolita “astinenza” dal successo. Parliamo di circa sei mesi: dopo il titolo conquistato a Boston nell’estate del 1976 (in finale su Solomon) perse infatti la finale degli US Open con Jimmy Connors e quindi altri tre match (a Stoccolma con Brian Gottfried, a Philadelphia con Ray Moore ed a Little Rock con Sandy Mayer). Niente di speciale, ovviamente, vista l’attività piuttosto ridotta svolta in quel lasso di tempo, nel quale peraltro si aggiudicò anche la Pepsi Grand Slam di Boca Raton, evento non valido per il Grand Prix ma di grande prestigio (sconfisse Adriano Panatta, annullandogli un match point e Connors); la stampa però sottolineò in maniera piuttosto insistente e marcata questo inconsueto “digiuno”, attribuendolo in particolare all’amore appena sbocciato con la futura moglie Mariana Simionescu ed alla causa miliardaria intentatagli dal direttore del WCT Mike Davis, per inadempienze contrattuali successive al ricchissimo accordo da Borg appena raggiunto con il WTT, il campionato americano intercitta’ a squadre (che gli avrebbe appunto impedito lo svolgimento di molta dell’attività programmata dal WCT, col quale si era precedentemente impegnato).
Arriviamo dunque alla fine del mese di febbraio del 1977: Borg si presentò da favorito al torneo indoor di Memphis, ma il suo nervosismo e la sua incertezza parvero subito evidenti. Nel corso del match di secondo turno vinto in due set con l’americano Jeff Borowiak, accadde un fatto a dir poco bizzarro: il glaciale Orso svedese, irritato da alcune chiamate sfavorevoli da parte di un giudice di linea, andò in escandescenze, arrivando al punto di levarsi la maglietta, lanciarla per terra ed abbandonare il campo di gioco!! Solo la sostituzione del giudice di linea “incriminato” lo convinse a riprendere il gioco e concludere vittoriosamente il match con Borowiak. Ma non fini’ qua. Il giorno seguente il suo avversario era l’inglese John Lloyd: durante il palleggio di riscaldamento lo speaker, nel presentare lo svedese, ebbe la brillante idea di dire “....il grande Bjorn Borg, che ieri sera ha avuto la meglio su Jeff Borowiak e su un giudice di linea”. Borg lanciò un’occhiata verso l’alto e reagì in modo drastico ed imprevedibile : semplicemente non giocò il primo set, perdendolo a zero in meno di 15 minuti. Anche stavolta l’organizzazione del torneo corse ai ripari, allontanando il famigerato speaker, cosa che portò d’incanto Borg ad entrare nel match ed a vincerlo agevolmente. Da qui in poi infilò Lutz, Gullikson e Gottfried interrompendo la sua “astinenza” dal successo, ma quel torneo viene ricordato soprattutto per le sue inconsuete intemperanze.

A.C. (il Museo del Tennis)

venerdì 12 gennaio 2018

MATCH STORICI: FERRANDO-SELES



I giocatori italiani hanno spesso giocato grandissimi match contro i campionissimi, ma tante volte sono usciti sconfitti dalle battaglie. Esempi tangibili sono lo strepitoso match giocato da Adriano Panatta nel 4° turno degli Us Open del 1978 (perso in cinque bellissimi set con Jimmy Connors, che avrebbe poi vinto il torneo distruggendo in semifinale John McEnroe ed in finale Bjorn Borg), la sconfitta in 5 set subita da Paolo Canè a Wimbledon contro Ivan Lendl nel 1987, il chilometrico match perso da Omar Camporese con Boris Becker (futuro vincitore del torneo) agli AO del 1991 e quello perso nella Coppa Davis dello stesso anno (con Omar che fu rimontato da Boris dopo aver vinto i primi due set), ma anche quello perso qualche anno fa al Roland Garros da Andreas Seppi contro Novak Djokovic. Qualche volta però è andata bene e il nostro giocatore è riuscito a spuntarla: oggi vogliamo ricordare una di queste occasioni, e precisamente quella in cui la genovese Linda Ferrando, giocando un eccezionale tennis serve & volley, fu in grado di battere Monica Seles agli US Open. Era il 1990, ben prima dell'attentato di Amburgo, e Monica, non ancora diciassettenne, era già una delle grandi del tennis mondiale: qualche mese prima era diventata la più giovane vincitrice (senza perdere un set) della storia del Roland Garros e si presentava a Flushing Meadows come una delle favoritissime, terza testa di serie dietro a Steffi Graf e ad una già attempata Martina Navratilova (da Monica polverizzata nella finale di Roma di quell'anno, per 6-1 6-1). La Seles, a quei tempi, non solo batteva le avversarie ma addirittura le travolgeva e si presentò al match di terzo turno con la Ferrando dopo aver spazzato la tedesca Wagner (6-0 6-0) e la sudafricana Fairbank (6-2 6-2); Linda, n°82 WTA, arrivava invece da una battaglia vinta al tie-break del terzo set con l'argentina Paz e da una vittoria con l'occhialuta americana di colore Camille Benjamin. Il match, commentato da Tommasi e Clerici quasi rassegnati, iniziò come da copione: micidiale bombardamento da fondo coi colpi bimani di Monica Seles e rapido 6-1 in suo favore... ma all'improvviso qualcosa cambiò. Linda iniziò a rallentare il ritmo ed a giocare un'asfissiante ed efficacissimo serve & volley che sorprese la Seles, diventata più fallosa e palesemente innervosita: il 6-1 fu clamorosamente restituito e il match diventò un'autentica battaglia, sotto gli occhi di Rino e Gianni sempre più “presi” dalla prestazione della Ferrando. La Seles riprese fiducia, ma la genovese ribatteva colpo su colpo con un gioco d'attacco raramente visto da parte di una donna, “almeno di una che non si chiami Martina Navratilova” sottolineò prontamente Tommasi. Si giunse inevitabilmente al tie-break decisivo, nel quale Linda mantenne il sangue freddo e il coraggio necessari per chiudere col punteggio di 7-3, per la palese soddisfazione dei grandi commentatori che salutarono il collega Massimo Marianella, all'epoca fidanzato con la Ferrando. Purtroppo la nostra fallì la "prova del nove", cedendo nel quarto turno alla russa Leila Meskhi. La sua carriera proseguì su buoni livelli, arrivando sino al n°36 del ranking WTA. Ma tutti la ricorderanno per questo straordinario, irripetibile match.

giovedì 11 gennaio 2018

SPECIALE - BORG 2 "IL RITORNO"


Chi scrive nella propria vita ha fatto il “tifo”, nel vero senso del termine, per un solo tennista, Bjorn Borg. Ricordo ancora il “trauma” provato quando mi resi conto che il mio “idolo” aveva ormai sparato le ultime cartucce. Il suo distacco dal tennis non fu secco, ma per circa un anno e mezzo si andò avanti con una serie di annunci ad effetto “tornerò n.1 del mondo”, alternati a dichiarazioni di resa “sono demotivato e stufo, non ce la faccio più”. Il 1981 si concluse con un Borg stanco e giù di corda, deluso per le sconfitte subite da John McEnroe nelle finali di Wimbledon (dove mancò il sesto titolo consecutivo) e degli US Open (dove fallì il quarto ed ultimo assalto all'alloro sempre sfuggitogli) e per la perdita del primo posto nel ranking mondiale ATP: ultimò la stagione vincendo senza entusiasmare il torneo di Ginevra, suo ultimo successo in carriera, e perdendo al prestigioso Tokyo Seiko da Tom Gullikson. Fu allora che arrivò il suo annuncio concernente il ritiro temporaneo dal tennis, per ricaricare le batterie.. aveva appena 25 anni e mezzo. In quei mesi scoppiò però una“bomba”: poiché lo svedese non aveva giocato nel 1981 il numero minimo previsto di tornei del Grand Prix (ossia 12) e per l'anno seguente non era in grado di promettere il rispetto di questa norma, nel 1982 avrebbe dovuto giocare le qualificazioni in tutti i tornei che avrebbe deciso di disputare!! La cosa fece scalpore e apparve ingiusta ed inaccettabile: pensiamo se oggi un Federer o un Nadal dovesse, per un cavillo, giocare le qualificazioni... quasi tutti i colleghi si schierarono infatti con lui, ma la Federazione Internazionale fu irremovibile.Un Borg ormai indispettito e rinunciatario si presentò quindi nel 1982 a Montecarlo, dove superò agevolmente le qualificazioni (battendo fra gli altri Paolo Bertolucci e lo jugoslavo Ostoja, per 6-0 6-0) ed i primi due turni,sconfiggendo lo spagnolo Luna e il nostro Adriano Panatta (in tre set), prima di cedere nettamente per 6-1 6-2 a Yannick Noah, in un match nel quale palesò dei clamorosi limiti di concentrazione, tanto da essere sorpreso a fischiettare durante i cambi di campo! Ancora più demotivato giocò le qualificazioni del torneo su cemento di Las Vegas, dove batté Amaya per poi perdere malamente in tre set dall'ex-top ten Dick Stockton, giocatore in chiaro declino: fu a quel punto che annunciò un nuovo ritiro, seguito da un ripensamento e un successivo annuncio ad effetto “tornerò nel 1983 più forte di prima” e infine dal ritiro definitivo. Dichiarò allora che avrebbe giocato il suo ultimo torneo a Montecarlo,casa sua, nel 1983 e così avvenne: dopo aver battuto un confuso Josè Luis Clerc(per 6-1 6-3, fu la sua ultima vittoria in un torneo ufficiale), cedette per 4-6 7-5 7-6 al francese Henry Leconte, chiudendo di fatto un'epoca. Si presentò anche, eccezionalmente, a Stoccarda del 1984 dove fu ancora Leconte a castigarlo, questa volta con un secco 6-3 6-1. Da allora più nulla, almeno sino alla fine del 1990, quando ormai 34enne, sposato con la cantante italiana Loredana Bertè, annunciò il suo rientro nel circuito e si preparò allenandosi segretamente in Italia con alcuni giocatori locali e con qualche giovane svedese. Stavolta al suo fianco non c’era lo storico coach Lennart Bergelin, ma una sorta di guru del fitness fisico e mentale, il 79enne Ron Thatcher noto come “Tia Honsai”, che Borg chiamava “Il professore”: Honsai, grande esperto di discipline Shiatsu, ammise candidamente di non aver mai avuto niente a che fare col tennis ma che, col suo aiuto, Bjorn sarebbe potuto tornare addirittura sul trono di Wimbledon! La sua apparizione a Montecarlo nel 1991 fu invece un colpo al cuore per tutti i suoi innumerevoli fans: un Borg vestito di bianco, senza marchi e con la sua vecchia Donnay in legno (completamente dipinta di nero), in un'epoca in cui tutti avevano già abbandonato quel materiale, fu nettamente battuto dal'onesto regolarista spagnolo Jordi Arrese, allora n°54 del mondo (6-2 6-3). Ricordiamo che prima della rentrée monegasca si allenò qualche volta anche con Goran Ivanisevic e persino con Boris Becker: fu proprio l’exgiocatore tedesco ad evidenziare, parlando con il suo coach Bob Brett, il problema di Borg: “ atleticamente vale ancora uno dei primi 10 del mondo, ma il suo gioco è completamente privo di pressione”. Un altro suo amico e abituale compagno di allenamento, l’ex-top ten svedese Jonas Svensson, ammise invece “ciò che posso dire è che Bjorn è ancora il miglior giocatore del mondo, ma con la racchetta in legno…”. Dopo il flop, si prese allora un altro periodo di tempo per rifinire la preparazione e cercare di adattarsi ad una nuova più moderna racchetta, ma i risultati furono a dir poco fallimentari. Questa la sua attività nell'anno 1992 (nel quale, tra l’altro, si separò da Loredana Bertè),conclusasi con otto tornei giocati e zero set vinti:



  • Nizza – sconfitta col francese Olivier Delaitre 7-5 6-2
  • Montecarlo - sconfitta con una acciaccato Wayne Ferreira 7-6 6-2
  • Monaco – durissima sconfitta col croato Goran Prpic 6-1 6-0
  • Washington – sconfitta col connazionale Thomas Hogstedt 6-4 7-6
  • Los Angeles – sconfitta col canadese Chris Pridham 6-4 6-2
  • Bordeaux – sconfitta con l'ucraino Andrei Medvedev 6-2 6-2
  • Basilea – sconfitta col connazionale Nicklas Kulti 6-2 6-1(qui Borg subì persino l'onta dei fischi da parte dell'esigente pubblico svizzero..)
  • Tolosa – sconfitta con il francese Lionel Roux 6-0 6-4

Le ultime tre apparizioni, nel 1993, furono appena migliori, dato che riuscì quanto meno a portare i match al terzo set e nell’ultimo, quello con Volkov, ebbe persino un match-point:

  • San Francisco - sconfitta con il brasiliano Jaime Oncins per 6-4 6-7 6-4
  • Saragozza – sconfitta con il portoghese Joao Cunha-Silva per 6-1 5-7 7-5
  • Mosca – sconfitta con il russo Alexander Volkov per 4-6 6-3 7-6

Si è scritto tanto sui motivi del suo rientro: qualcuno ha ipotizzato che la spinta fosse di carattere economico, visto che l’Orso svedese pare avesse dilapidato il suo ingente patrimonio, qualche altro ha invece detto si trattasse solo della voglia di rimettersi in gioco. Comunque sia, una parentesi, insomma, della quale i suoi ammiratori avrebbero fatto volentieri a meno, ma che intacca solo in minima parte il fascino di un campione entrato a pieno titolo nella leggenda del tennis.

(nella foto, inedita in rete, Bjorn Borg ritratto prima del match giocato e perso con Wayne Ferreira a Montecarlo nel 1992)  
                                                                                                                                               A.C.

venerdì 22 aprile 2016

GRANDI DOPPI DEL PASSATO:FIBAK-OKKER




Come ripetiamo spesso, i grandi doppi del passato erano spesso formati da giocatori molto forti anche nel singolare. Anche il polacco Wojtek Fibak e l'olandese volante Tom Okker non facevano eccezione: se il polacco fu capace, in singolare, di entrare fra i top ten (best ranking n.10) e vincere 15 titoli, Okker fece anche meglio, conquistando 31 successi, giungendo in finale agli US Open (1968) ed in semifinale in tutti gli altri Slam e arrivando sino al terzo posto. In doppio Fibak giocò con vari compagni, vincendo 52 titoli, fra cui gli Australian Open del 1978 (con Kim Warwick), ed arrivando al terzo posto del ranking di specialità. Ancora più forte fu Okker vincitore di 78 tornei, fra cui due Slam (Roland Garros 1973 con John Newcombe e US Open 1976 col suo storico compagno Marty Riessen), e numero uno mondiale.
I due fecero coppia semi-fissa dal 1977 al 1980, vincendo ben 17 tornei, fra cui spicca il prestigioso Masters WCT del 1978, ed interpretando la specialità con straordinaria classe ed eleganza.




mercoledì 20 aprile 2016

CHI SI RICORDA DI...VICTOR AMAYA?



Giocatore piuttosto popolare nel corso degli anni '70/80 era il gigante americano (due metri d'altezza) Victor Amaya. Originario di Denver, classe 1954, ebbe come molti connazionali un'ottima carriera a livello universitario (nello specifico con l'Università del Michigan) per poi passare al professionismo. Qua mise in evidenza le sue doti principali: un potente ed insidiosissimo servizio ed un efficace gioco di volo, aspetti che, uniti al fatto di essere mancino, lo rendevano un'autentica mina vagante, soprattutto sulle superfici rapide, ed un buonissimo doppista. In carriera ottenne svariati buoni piazzamenti, arrampicandosi sino ad un best ranking di n°15. Ricordiamo i suoi tre titoli ATP: Adelaide 1977 (erba, in finale su Brian Teacher), Surbiton 1979 (erba, in finale su Mark Edmondson) e Washington 1980 (indoor, in finale su Ivan Lendl). Perse inoltre le finali di New Orleans 1978 (con Tanner), Denver 1979 e 1980 (rispettivamente con Fibak e Gene Mayer), Johannesbourg 1980 (con Gunthardt) e Cleveland ancora nel 1980 (con Gene Mayer). Il suo miglior risultato Slam è la semifinale raggiunta sull'erba degli Australian Open del 1979, quando fu superato dal futuro vincitore Guillermo Vilas. Da menzionare un grande match perso al quinto set con Bjorn Borg nel primo turno di Wimbledon 1978 (anno del terzo titolo dell'Orso), quando si trovò a condurre per due set ad uno, prima di subire la rimonta. La foto che proponiamo fu scattata proprio nel 1978 quando al Foro Italico Amaya giocò un ottimo torneo, raggiungendo i quarti (e battendo anche Barazzutti e Newcombe), prima di cedere ad Adriano Panatta, al termine di un buonissimo match (76 64). Come detto giocò piuttosto bene in doppio, soprattutto in coppia col connazionale Hank Pfister: vinse in totale sei titoli (uno dei quali però in coppia con Tim Gullikson), fra cui spicca il successo a Roland Garros nel 1980, contro Gottfried e Ramirez; i due furono anche finalisti agli US Open del 1982, sconfitti da Curren e Denton. Rallentata l'attività nel 1981, anche a causa di alcuni problemi fisici, Amaya si ritirò nel 1983. A testimonianza della sua fama di “mina vagante” ricordiamo vittorie su avversari del calibro di Lendl, Vilas, Newcombe, Ashe, Okker, Ramirez, Dibbs, Solomon, Gene e Sandy Mayer, Kriek, Higueras e persino Manolo Santana. Attualmente, dopo aver lavorato a lungo per la “sua” University of Michigan, svolge l'attività di financial advisor.


giovedì 3 settembre 2015

CHI SI RICORDA DI....PETER SZOKE?











Tra i personaggi minori entrati nella storia del tennis italiano, c’è sicuramente l’ungherese Peter Szoke, protagonista della “disfatta di Budapest”, clamorosa sconfitta dello squadrone azzurro di Coppa Davis, reduce da due finali consecutive (quella vinta in Cile e quella persa in Australia). L’anno era il 1978 e gli azzurri, guidati dal nuovo capitano Bitti Bergamo che aveva appena sostituto Nicola Pietrangeli, andarono a Budapest nel mese di luglio per affrontare un match tutto sommato di routine: gli ungheresi schieravano l’ottimo Balasz Taroczy ed il quasi sconosciuto (in epoca pre-internet non era così facile reperire informazioni sui giocatori, specie quelli dell’Est europeo) mancino 31enne Peter Szoke. Era lecito pensare che Adriano Panatta e Corrado Barazzutti (che in quel momento stava fra i primi dieci giocatori del mondo), supportati da Paolo Bertolucci nel doppio, non avrebbero avuto particolari problemi nello sbrigare quella "pratica". Invece accadde l’imponderabile: gli ungheresi, che in casa avevano già superato i belgi ed i tedeschi dell’Ovest, diedero il massimo e, complice un Panatta in condizioni disastrose, si trovarono in vantaggio per 2-1 dopo il doppio, con la vittoria di Taroczy su Adriano, quella di Barazzutti su Szoke e la inopinata e nettissima sconfitta del nostro super-doppio Panatta-Bertolucci contro Taroczy e Szoke. Ma non tutto sembrava perduto: la domenica Panatta avrebbe dovuto affrontare Szoke, punto che si considerava praticamente già in tasca, e poi Barazzutti avrebbe avuto tutte le possibilità di mettere il match in battaglia e superare alla distanza il pur quotato Taroczy. Ma le cose andarono in modo diverso: Adriano incappò in una giornata nerissima, forse una delle peggiori della sua carriera, e dovette arrendersi a Szoke in 4 set (63 36 60 86), gettando nello sconforto un ambiente ormai abituato ai successi e rendendo inutile il quinto match nel quale Taroczy piegò agevolmente un poco interessato Barazzutti Gli ungheresi poi furono fermati a Bastad da una Svezia guidata da Bjorn Borg (che concesse al povero Szoke appena due giochi in tre set!!). Tante furono invece le accuse rivolte agli azzurri e soprattutto a Panatta, il quale rispose andandosene in vacanza in Sardegna. Al rientro, come spesso gli capitava, ritrovò d’incanto il suo miglior tennis: giocò il mitico e sfortunato match a Flushing Meadows, perso sul filo di lana con Jimmy Connors, vinse l’Open del Giappone a Tokyo, arrivò in finale a Bologna e nei quarti a Madrid e San Francisco. Gli azzurri nei due anni seguenti conquistarono altre due finali, perdendo con gli USA nel 1979 (e in quell’edizione Panatta si prese la rivincita al Foro Italico con Szoke, lasciandogli appena 5 giochi!) e con la Cecoslovacchia nel 1980.


Tornando a Szoke, vorremmo un po’ sfatare il mito che si trattasse di un autentico “brocco”: osservando la lista dei giocatori coi quali Panatta perse in carriera, possiamo dire che non è nel gruppo dei peggiori. Non si trattava naturalmente di un campione, ma di un discreto giocatore, buon doppista e capace col suo tennis mancino di mettere in difficoltà tanti ottimi giocatori. Pochi ricordano che, appena 21enne, fu già nostro avversario in Coppa Davis: l’anno era il 1968 ed a Cagliari fu seccamente sconfitto da Nicola Pietrangeli e Martin Mulligan. Però nella sua carriera, che lo vide anche fra i primi 50 del mondo (best ranking n°47), ottenne alcuni risultati di rilievo: in primo luogo la finale raggiunta ad Amburgo nel 1971, quando perse dallo spagnolo Andres Gimeno, dopo aver battuto fra gli altri il connazionale Istvan Gulyas (finalista al Roland Garros nel 1966), lo slavo Nikki Pilic (finalista poi al Roland Garros nel 1973) e soprattutto il grande Jan Kodes (vincitore di due titoli al Roland Garros, di Wimbledon 1973 e due volte finalista agli US Open). Fu poi nei quarti di finale agli Internazionali d’Italia del 1973, dove superò Pietrangeli, Mulligan, Dibley e soprattutto il grandissimo John Newcombe (vincitore di sette Slam), prima di cedere a Manolo Orantes. Nel 1969 perse invece le finali di Leverkusen (con Pato Rodriguez) e del Gran Prix indoor d'Austria di Shewchat (con il giocatore di casa Ernst Blanke). Giocò poi sul circuito con alterne fortune, superando altri giocatori importanti quali Orantes, Proisy, Gisbert e Pecci



Concludiamo ringraziando l’amico Fabio per la splendida e introvabile foto che ritrae Panatta e Szoke prima del match di Budapest. Fabio inoltre ci ricorda che il buon Peter non era affatto un “cameriere del bar dell’aeroporto di Budapest”, come si disse all’epoca, bensì il dirigente dei servizi di ristoro dell’aeroporto.Si trattava naturalmente di un lavoro “formale”, come avveniva all'epoca nei paesi dell'Est per i cosiddetti “dilettanti di stato”.

martedì 19 maggio 2015

PILLOLE DAL PASSATO : DICK STOCKTON





Ottimo giocatore americano degli anni '70 era il newyorkese Richard “Dick” Stockton. Classe 1951, ebbe un'eccellente carriera già a livello juniores, vincendo l'Orange Bowl nel 1968, in finale con il connazionale Paul Gerken e poi continuando a giocare molto bene anche a livello universitario, dove si aggiudicò, tra l'altro, il prestigioso titolo NCAA sia in singolare che in doppio (nel 1972). Dopo la prima finale in carriera, persa a Merion nel 1971 con Clark Graebner e le semifinali raggiunte a Columbus e Tanglewood nel 1972, arrivarono i primi risultati importanti nel 1973, quando lo troviamo finalista al WCT di Miami (superato da Laver), semifinalista a Richmond e Bruxelles e spesso ottimo piazzato. Nel 1974 conquistò i suoi primi titoli, al WCT di Atlanta (con Jiri Hrebec) e Adelaide (con Geoff Masters), andò in finale a Charlotte (sconfitto da Borowiak) e soprattutto in semifinale a Wimbledon, suo miglior risultato Slam (perse con Connors), oltre che a Maui e Tokyo. Ormai stabilmente fra i primi 20 del mondo, Stockton visse in questi anni le stagioni migliori, avviandosi verso il meritato accesso nei Top Ten: nel 1975 vinse il WCT di San Antonio (con Stan Smith) e perse le finali di Forth Worth e Washington (con John Alexander e Mark Cox); nel 1976 vinse il WCT di Lagos (con Arthur Ashe), andò in finale a Sydney (con Roche), in semifinale a Philadelphia, Roma WCT, Dallas, Cincinnati, Louisville, San Francisco, Perth e Tokyo e nei quarti agli US Open. L'anno migliore fu il 1977 che lo condusse al best ranking di n°8: mise in bacheca l'importantissimo titolo degli U.S. Pro indoor di Philadelphia (battendo in finale il n°1 del mondo Jimmy Connors), si ripeté ancora con Connors al WCT di Toronto, quindi vinse a Rotterdam (su Nastase); lo troviamo poi in finale alle WCT Finals di Dallas (dove Connors si prese la rivincita), in semifinale a Londra, al Torneo dei Campioni ed alla WCT Challenge Cup e nei quarti agli US Open, dove batté Adriano Panatta ed approfittò del ritiro di Bjorn Borg, prima di cedere ad Harold Solomon. Il 1978 lo vide in leggero calo rispetto all'anno precedente, sebbene ancora saldamente fra i primi 20: si aggiudicò il suo ultimo titolo a Little Rock (con Hank Pfister), fu finalista al WCT di Birmingham (battuto da Borg) ed a San Francisco (sconfitto da John McEnroe) e semifinalista a Cleveland, Wembley e soprattutto al Roland Garros, dove eguagliò il suo miglior risultato Slam, sulla superficie forse meno amata (perse con Vilas). Dal 1979 ebbe invece inizio un calo di rendimento che lo portò progressivamente a scivolare nel ranking mondiale: segnaliamo solo la semifinale a Denver e qualche altro buon piazzamento nei quarti. Anni neri furono quelli seguenti, che videro Stockton uscire dai primi cento: giunsero tante sconfitte e possiamo menzionare solo la semifinale sull'erba di Manchester (1980) e l'ultima finale ATP, a South Orange (1981, sconfitto da Glickstein). Rallentò quindi l'attività, giocando ancora per qualche anno, senza ottenere risultati degni di nota. Da menzionare anche i 16 titoli conquistati nel doppio (fra un Masters WCT vinto nel 1977 in coppia con Vijay Amritraj) e le vittorie con quasi tutti i grandi: Laver, Rosewall, Borg, Connors, Nastase, Smith, Ashe e Newcombe, giusto per citarne alcuni. Infine ricordiamo alcune partecipazioni alla Coppa Davis, con un saldo di 5 vittorie e 5 sconfitte, fra singolare e doppio.