martedì 26 novembre 2013

PILLOLE DAL PASSATO : MILOSLAV "GATTONE" MECIR



Quando vedemmo il cecoslovacco (poi solo slovacco) Miloslav Mecir per la prima volta in tv, non avremmo scommesso una sola lira sul suo futuro. Era il mese di settembre del 1984 e il ventenne Mecir giocava la sua terza finale ATP (dopo quelle perse ad Adelaide nel 1983 e Colonia nel 1984), quella di Palermo: fu travolto dal nostro Francesco Cancellotti, dandoci l'impressione di un giocatore lento, pigro e debole. Questo “tira piano”, pensammo. Mai fummo più avventati in un giudizio! Lo rivedemmo l'anno dopo a Roma, dove perse la finale con Yannick Noah, e rimanemmo sbalorditi: col tempo Mecir si mostrò un giocatore particolarissimo, difficilmente accostabile ai suoi contemporanei e ad altri del passato. Dotato di un tennis morbido e di eleganti traiettorie, capace di angolazioni al limite dell'impossibile, Mecir sapeva essere un giocatore spesso letale. Aveva delle giornate no, è vero, nelle quali la sua proverbiale pigrizia prendeva il sopravvento, esponendolo spesso a delle sconfitte sorprendenti. Ma quando stava bene, poteva risultare micidiale un po' per tutti: omettiamo infatti la lista delle sue “vittime illustri” perché dovremmo metterci dentro praticamente tutti! E costituiva un incubo soprattutto per la folta pattuglia di svedesi, che lo temeva più del fuoco. 
Col tempo, leggemmo che Vittorio Selmi, straordinario uomo di tennis, gli aveva affibbiato il nomignolo di “Gattone”, dopo averlo visto appisolato su un divano, nella pausa fra un match e l'altro. Questo nome si adattava bene anche alle sue movenze feline in campo e gli rimase incollato addosso. Conquistò dieci titoli ATP, adattandosi a tutte le superfici: Rotterdam e Amburgo nel 1985 (su Hlasek e Sundstrom), Kitzbuhel nel 1986 (su Gomez), Auckland, Sydney, Miami, le WCT Finals di Dallas, Stoccarda ed Hilversum nel 1987 (su Schapers, Doohan, Lendl, McEnroe, Gunnarsson e Perez-Roldan) e Indian Wells nel 1988 (su Noah). Sempre nel 1988 conquistò quello è forse il suo alloro più prestigioso: la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Seoul, in finale sull'americano Tim Mayotte. Due le finali Slam da lui giocate, entrambe perse con Ivan Lendl, agli US Open del 1986 ed agli Australian Open del 1989. Memorabile anche il match disputato in semifinale a Wimbledon contro Edberg, che lo soffriva tremendamente, nel 1988 e perso al quinto set, dopo aver condotto per due set a zero. 
Condizionato da gravi problemi alla schiena fu purtroppo costretto a rallentare la sua attività, sino ad arrivare alla drastica decisione di lasciare il tennis, a soli 26 anni: giocò (e perse nettamente) il suo ultimo match, curiosamente, di nuovo contro Stefan Edberg al torneo di Wimbledon del 1990. Nella sua breve carriera arrivò al quarto posto del ranking mondiale sia in singolare che in doppio ed in tempi più recenti lo abbiamo visto sia nelle vesti di coach del connazionale Karol Kucera (che un po' gli somigliava e che portò fra i primi dieci del mondo), che come capitano del team slovacco di Coppa Davis

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