Il
1991 è stato un anno positivo per Omar Camporese, che ha chiuso la
stagione con gli ottimi quarti di finale al Master Series di Parigi
Bercy (battendo Hlasek e soprattutto Jim Courier, prima di cedere a
Forget), entrando fra i primi 30 giocatori del mondo. Il 1992 è
iniziato in modo più che incoraggiante: una buona semifinale sul
cemento di Sydney (sconfitto da Emilio Sanchez) ed il quarto turno agli
Open d'Australia (fermato da Lendl), hanno preceduto la strepitosa
prestazione sul campo indoor di Bolzano, dove il team di azzurro di
Coppa Davis ha spazzato via la Spagna, trascinato da un Camporese
irresistibile, capace di annichilire Sergi Bruguera ed Emilio Sanchez
e di condurre Nargiso ad un netto successo sulla fortissima coppia
Casal-Sanchez.
E' in queste condizioni che Omar si presenta al torneo
indoor di Milano, da n°24 mondiale, non compreso fra le teste di
serie, ma con una grande fiducia. L'inizio è però a dir poco
difficile: Omar appare imballato e forse scarico dopo la grande
prestazione in Davis. E' costretto a salvare ben tre match-points
contro il modesto olandese Tom Nijssen, doppista uscito dalla
qualificazioni (5-7 7-5 7-5); si salva per miracolo, è vero, ma con
grande classe visto che annulla il primo match-point con un difficile
passante di rovescio e sugli altri due piazza altrettanti aces.
L'avversario del secondo turno è molto complesso: il tedesco Arne
Thoms non è un fuoriclasse, ma è uno che non fa giocare: tira delle
bordate col servizio e gioca sempre al limite. In questo modo ha
battuto la testa di serie n°1, il grande Ivan Lendl. Quello con
Camporese è un match serratissimo, pochi break e tante bastonate: il
nostro giocatore prevale per 7-6 4-6 7-6. In un torneo nel quale le
teste di serie cadono come birilli, la sorte gli regala nei quarti lo
spagnolo Javier Sanchez, che Omar supera agevolmente (6-3 6-4).
Maggiori le difficoltà incontrate in semifinale contro il russo
Andrei Cherkasov, ma il nostro si salva soprattutto grazie al
servizio che lo cava d'impiccio in diverse situazioni delicate (6-3
4-6 6-3). Si arriva quindi alla finale, dove si trova ad affrontare
il giovane amico Goran Ivanisevic che, dopo un difficile esordio con
lo svedese Larsson, ha superato facilmente tutti i propri avversari.
L'inizio del match conferma le difficoltà, anche considerando che il
braccio (che ne condizionerà la stagione e la carriera), più volte
massaggiato, inizia a manifestare i primi problemi. Nel primo set
Goran sembra irresistibile: ottiene il break e concede ad Omar appena
5 punti sul proprio servizio, piazzando ben 8 aces. Nel primo gioco
del secondo set Camporese annulla una palla break, ma poi il match
gira. Ivanisevic gioca un brutto game sul 3-2 per Omar, commettendo
due doppi falli e sbagliando una comoda volée di diritto: è il
break e subito arriva anche il pareggio nel conto dei set. Sul
punteggio di 1-1 del terzo set si gioca il game decisivo: Goran non
mette la prima ed Omar riesce ad affondare i colpi da fondo, sia col
suo celebre diritto ma anche col rovescio, che gli regala un paio di
punti fondamentali. Ottiene il break che decide la vittoria:
Camporese sul proprio servizio concede le briciole ed il trofeo del
Muratti Time Open 1992 finisce nelle sue mani. E' il secondo, ed
ultimo, titolo della sua carriera.
Omar
entra fra i primi 20 del mondo, conquistando per poche settimane il
suo best ranking assoluto (n°18): gioca bene al grosso torneo indoor
di Stoccarda, perdendo nei quarti in tre ottimi set da Edberg (dopo
aver battuto Santoro ed il n°10 del mondo Novacek), ma i problemi al
braccio si acuiscono, tanto da costringerlo ad una prematura uscita
di scena al torneo di Rotterdam, dove difende il titolo dell'anno
precedente, con il modesto doppista svedese Jan Apell. Vuole esserci
a Maceiò, in Coppa Davis, dove batte in 5 terribili set Luiz Mattar
ma spreca un mucchio di energie psicofisiche (oltre sei ore la durata
del match), non riuscendo poi a dare un valido apporto nel doppio e
rinunciando al singolare dell'ultima giornata. I problemi al braccio
continuano ad essere opprimenti ed Omar, uscito dai primi 20 del
mondo, non riesce a trovare altri spunti importanti: gioca alla
grande ad Amburgo (batte Lendl e perde nei quarti un match
serratissimo con Edberg), ma mette insieme sconfitte davvero inattese
(Filippini, Larsson, Gorritz, J.Sanchez, Damm, due volte Boetsch).
Purtroppo l'attimo fuggente è forse passato.
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