sabato 23 novembre 2013

PICCOLA STORIA DEL W.C.T.



Il W.C.T. fu elemento fondamentale nella storia del tennis: in questa scheda cerchiamo, nel modo più sintetico possibile, di raccontarne una piccola storia, basandoci sui nostri ricordi e su qualche vecchio articolo. Ovviamente sono gradite considerazioni, aggiunte e chiarimenti di qualunque tipo.
IL W.C.T.
Il World Championship Tennis fu creato dal petroliere milionario texano Lamar Hunt e dall'uomo d'affari di New Orleans David Dixon (co-fondatore dei New Orleans Saints della NFL) alla fine degli anni '60 , con lo scopo, in era pre-Open, di creare un circuito tennistico per giocatori professionisti. L'obiettivo primario, quello di raccogliere i migliori giocatori e far loro giocare una serie di tornei in giro per il mondo, era garantito dagli ingenti investimenti economici; nel contempo si tentava di ammodernare il tennis, cercando di adattarlo sempre più ai tempi, con l'introduzione di qualche innovazione, sino a quel momento vista con estrema diffidenza dal tradizionalista mondo del tennis: l'uso sistematico del tie-break, la possibilità di derogare al consueto colore bianco per indossare degli indumenti colorati, un maggiore coinvolgimento del pubblico durante i match ed il tentativo di attirare una maggiore attenzione della televisione e dei media in genere. I tornei, inoltre, erano caratterizzati da montepremi per l'epoca molto consistenti (se non faraonici), allo scopo di attirare tutti i migliori. 

I primi giocatori ad aderire al progetto del WCT, immediatamente dopo Forest Hills 1967, furono i cosiddetti “Handsome Eight”, i “Fantastici Otto”, convinti, prima dell'avvento dell'era Open, dallo stesso Dixon a fare il passo verso il professionismo: John Newcombe fu l'apripista, seguito dal connazionale Tony Roche, dagli americani Dennis Ralston e Butch Buchholz, dal sudafricano Cliff Drysdale, dallo jugoslavo Niki Pilic, dal britannico Roger Taylor e dal francese Pierre Barthès. Furono loro a partecipare al primo evento, disputatosi nel marzo 1968. Nonostante gli sforzi economici ed organizzativi le prime annate si rivelarono però un mezzo fiasco: poco pubblico e scarso interesse da parte dei media, causarono il flop. Ma Hunt e i suoi non si scoraggiarono, cercando invece di moltiplicare gli sforzi per raggiungere i propri obiettivi. Negli anni seguenti, infatti, riuscirono a mettere sotto contratto altri importanti big come l'Olandese Volante Tom Okker, gli americani Arthur Ashe e Marty Riessen ed il sudafricano Ray Moore. Ma la mossa decisiva fu quella assorbire la National Tennis League, un altro circuito professionistico alternativo, creato nel 1967 dall’avvocato ed ex-capitano americano di Coppa Davis George McCall, attivo per qualche anno prevalentemente negli U.S.A. (ma con qualche tappa europea) e che vedeva tra le sue fila fuoriclasse di primo piano quali i grandi “aussies” Rod Laver, Ken Rosewall, Roy Emerson e Fred Stolle, lo spagnolo Andres Gimeno ed il grande, intramontabile, Pancho Gonzales. 

Lo scenario era dunque questo, nei primi anni dell'era Open: molti giocatori erano sotto contratto col WCT, altri aderivano al Grand Prix, ideato da Jack Kramer, e “benedetto” dalla Federazione Internazionale e qualche altro era del tutto free-lance. La Federazione cercò di prendere spesso dei provvedimenti punitivi contro i giocatori che aderivano al WCT, sotto forma di esclusioni ai tornei del Grande Slam (avvenne per esempio nel 1972), ma il circuito decollò egualmente, organizzando una ventina di tornei all'anno ed un Masters per i giocatori che avevano raccolto i migliori risultati (esisteva un ranking apposito, per calcolare questi punteggi) da tenersi a Dallas di norma nel mese di maggio (le mitiche WCT Finals) e che garantivano al vincitore, nelle prime edizioni, il fantastico premio di 50.000 dollari. Dopo qualche anno di discordia, con reciproci dispetti, si giunse infine ad un armistizio, ed a partire dal 1973 la Federazione decise di “appaltare” i primi quattro mesi dell'anno al WCT: la stagione risultava quindi divisa in due “segmenti”, il primo dedicato al WCT col Masters conclusivo di Dallas (a maggio) ed il secondo riservato al Grand Prix, col tradizionale Masters di fine anno. La situazione andò avanti sino al 1978 quando il WCT si fuse col Grand Prix, pur continuando a mantenere il proprio marchio su molti tornei e le proprie prestigiose WCT Finals di Dallas, che regalavano sempre momenti di tennis straordinario. 

Nel 1982 esplose infine una vera e propria “guerra” che portò alla rottura fra i due organismi: Lamar Hunt scese in campo con un notevole spiegamento di forze, firmando un importante accordo con la Fila (che mise in commercio una colorata linea di abbigliamento con l'effigie del WCT) e soprattutto organizzando numerosi tornei indipendenti (molti dei quali con tabelloni da 16 giocatori, ben 300.000 dollari di montepremi ed un primo premio addirittura di 100.000!!!) e aggiungendo altri due Masters, uno autunnale ed uno invernale (a Napoli ed a Detroit, vinti entrambi da Lendl) a quello tradizionale di Dallas (pure questo vinto da Lendl). Il successo fu però davvero modesto: tanti dollari spesi e scarsa partecipazione, sia del pubblico che dei giocatori, con numerosi tornei giocati e vinti spesso da giocatori minori (a parte Lendl che fece quell'anno incetta di titoli e dollari). A partire dal mese di maggio del 1983, Lamar Hunt e il WCT ridussero progressivamente il proprio impegno, limitandosi a pochi appuntamenti, nuovamente inseriti nel tradizionale calendario del Grand Prix. Alla fine degli anni '80 rimanevano di fatto solo due eventi: le WCT Finals di Dallas, che chiusero i battenti nel 1989 (con una delle ultime vittorie di prestigio della carriera di John McEnroe) ed il Torneo dei Campioni di Forest Hills, terminato nel 1990, col successo di Ivan Lendl.



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