Personaggio
di grande spessore nella storia del tennis è senza dubbio il
sudafricano Ray Moore oggi affermato manager sportivo e tennistico in
particolare (insieme a Charlie Pasarell è una delle menti dietro il
Master 1000 di Indian Wells) e membro del Board dell'ATP, di cui fu
presidente dal 1983 al 1985. Oggi proviamo a ricordare il Moore
tennista, classe 1946, attivissimo nel corso degli anni '60 e '70,
famoso per le sue particolarissime acconciature ed anche per la sua
attività “politica” nel campo sportivo.
Iniziamo ad avere sue
notizie nel 1967 quando raggiunge la semifinale al torneo di
Philadelphia, i quarti a Johannesburg e Bournemouth e gli ottavi a
Forest Hills. Importante annata è il 1968 con il successo a Dallas
(su Allan Stone), le semifinali a Johannesburg e Port Elisabeth ed il
miglior risultato della carriera a Wimbledon, i quarti di finale
(dove fu battuto da Graebner). Il più importante successo in
carriera lo ottiene nel 1969 vincendo l'Open di Germania a Berlino
(su Cliff Drysdale); in quell'anno arriva anche in finale ad
Auckland. Gli anni seguenti sono caratterizzati da un'attività
agonistica intensissima (giocava, salvo eccezioni, circa 30/35 tornei
l'anno), premiata con un best ranking di numero 34: ricordiamo le
semifinali a San Francisco e Cleveland nel 1973, a Parigi indoor
nel 1975, Auckland, Las Vegas e Washington 1976. Ottima annata il
1977 con le due finali ATP di Düsseldorf e Stoccolma (perse
rispettivamente con Fibak e Sandy Mayer), le semifinali di Birmingham
e South Orange ed i quarti agli US Open (dove raccoglie solo due game
in tre set col futuro campione Guillermo Vilas). Va avanti qualche
altro anno, facendo registrare solo qualche sporadico piazzamento e
lasciando l'attività nel 1983. Contiamo anche 8 successi nel
doppio, ottenuti con differenti compagni.
Da
ricordare inoltre la sua partecipazione all'anomalo successo in Coppa
Davis del Sudafrica nel 1974, quando alcune nazioni evitarono di
giocare contro di loro per protesta verso l'apartheid. L'India non si
presentò alla finale e l'ultimo match effettivamente giocato e vinto
dai sudafricani fu quello contro l'Italia (Moore sconfisse,
abbastanza a sorpresa, Adriano Panatta). Nutrito l'elenco delle
vittime illustri di Moore: due volte Borg, Laver, Smith (di cui Ray
era l'autentica bestia nera), Emerson, Santana, Gimeno, Pancho
Gonzales, Ashe, Roche, Orantes, Vilas, Gerulaitis, Stolle, Tanner,
Kodes, Drysdale e Taylor.
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